Meloni-Usa, i vantaggi e quei limiti da rispettare

MONDO. La visita di Giorgia Meloni al prossimo presidente americano Donald Trump segna un cambio di passo.

Non è solo l’urgenza di dare una soluzione positiva al caso di Cecilia Sala, in stato di detenzione nelle carceri iraniane. È che l’elezione di Trump modifica il baricentro della collocazione internazionale dell’Italia.

Le alleanze rimangono le stesse e sono addirittura rafforzate ma l’Italia ha un altro peso. Trump ha accolto l’ospite italiana nella sua residenza privata di Mar a Lago in Florida con le seguenti parole: «She’s really taken Europe by storm» («Ha davvero preso d’assalto l’Europa»). E questo mentre due giorni prima a Damasco i ministri degli Esteri di Francia e Germania rendevano visita per la prima volta al nuovo leader siriano Ahmed al Sharaa noto come Al Jolani. È l’esempio dell’Europa dei governi che fa mostra di sé con due nazioni. Una postura che all’Italia è sempre andata stretta. Solo l’esaurimento della globalizzazione e la successiva deglobalizzazione hanno fatto capire i limiti della politica dei primi della classe.

La situazione della Germania

La Germania sempre refrattaria alle logiche europee ha perso la libertà di fare il bello e cattivo tempo secondo le sue necessità nazionali. Il pieno con il gas russo e l’export in Cina per compensare la crisi della domanda interna europea, questa la ricetta made in Germany. L’austerità di bilancio imposta da Berlino in Europa ha impedito una politica economica comune e quindi investimenti strategici coordinati sul piano sovranazionale. Adesso con il cancelliere Scholz chiede alla presidente della Commissione Ursula von der Leyen di coordinare una politica comune a sostegno dell’industria.

La Francia di Macron

La Francia di Macron ha mancato di sensibilità sociale e non ha colto le difficoltà del ceto medio impoverito dalla globalizzazione. Non bastano i proclami di grandezza nazionale quando il popolo scende in piazza e con vandalismi mette a ferro e fuoco interi quartieri. Siamo nella migliore tradizione del ribellismo anarcoide gallico ma i frutti adesso si prepara a raccoglierli Marine Le Pen.

La crisi dell’Europa

Due governi che rendono evidente la crisi dell’Europa per come è stata finora. Il futuro presidente americano vede quindi nella leader italiana il partner che scompiglia il gioco e rende il vecchio continente più vicino alla sensibilità politica della nuova amministrazione. Giorgia Meloni assume sempre più il ruolo di mediatrice di interessi fra le due sponde dell’Atlantico. E del resto lo stesso era riuscito alla presidente del Consiglio italiana in Europa.

L’Italia non può rimanere isolata in Europa

Con l’avvicinamento alla nuova Commissione von der Leyen si è creato punto di incontro fra il partito popolare europeo e i nazional-conservatori. Meloni farebbe un grosso errore però a farsi attrarre dalle lusinghe dell’alleato americano. A Washington conoscono il detto romano «divide et impera». L’Europa, se unita, è un concorrente formidabile quantomeno sul piano economico. Quindi l’Italia potrebbe ricavare dalla sua vicinanza alla presidenza Trump e al magnate Elon Musk lo status di Stato preferito e di certo è un interesse nazionale. Ma vi è anche un limite da non valicare: compromettere la politica europea del nostro Paese.

Perché l’Europa è il nostro giardino di casa, è il luogo dove si giocano i destini di un’Italia che non può permettersi di rimanere isolata. Giorgia Meloni sembra averlo capito. Promuove gli accordi militari con la Germania perché sa che i francesi con la loro mania di comando scontentano anche i partner più affidabili come i tedeschi. In Europa contano le grandi linee strategiche e le politiche comuni sui grandi temi. Per il resto gli Stati mantengono la loro autonomia. La difesa è il primo grande tema sul quale l’Unione può avanzare come attore politico sulla scena internazionale. E il rapporto di Meloni con gli Usa non può che favorirlo.

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