Mattarella, la barra a dritta sulla pace

MONDO. «Il mondo che noi vorremmo è quello che rispetta il diritto internazionale»: così Sergio Mattarella in visita in Montenegro, rispondendo alle domande dei giornalisti e senza riferimenti a personaggi della nomenclatura russa, ha riaffermato la posizione dell’Italia «nitida, limpida, chiarissima» rispetto alla guerra in Ucraina in corso da tre anni.

L’auspicio del presidente è duplice: una «pace giusta e non fittizia», e il ritorno della Russia a un «ruolo di rilievo nel rispetto della sovranità di ogni Stato». Parole serene, dettate dal galateo istituzionale, pronunciate da una personalità che ha sempre tenuto la barra a dritta, quella di una «pace giusta» per evitare il ripetersi degli «appeasement» del passato con la svendita della Cecoslovacchia a Hitler, principio dell’abisso. Intervento che segue gli attacchi pretestuosi della portavoce del ministero degli Esteri russo, Maria Zakharova, che ha bollato addirittura come «blasfemi» e che «non rimarranno senza conseguenze» alcuni concetti espressi da Mattarella all’Università di Marsiglia il 5 febbraio.

Le parole di Mattarella, una bussola

La funzionaria di Mosca vi aveva visto un parallelismo fra la Germania nazista e la Russia di oggi, ma il ragionamento di metodo del presidente italiano va reso nel contesto storico e rimane una bussola indispensabile per contrastare quella che appare come una nuova «età del ferro». Una riflessione che ha messo sotto accusa le «logiche di conquista», il fallimento degli accordi di Monaco del 1938 inseriti nella Grande crisi del ’29 fra protezionismi incrociati, misure unilaterali e l’affermarsi di regimi dispotici. Dominazione e non cooperazione: «E furono guerre di conquista. Fu questo il progetto del Terzo Reich in Europa. L’odierna aggressione russa all’Ucraina è di questa natura». È lo stesso Mattarella che, nel giorno della Memoria, ha ricordato che fu l’Armata Rossa a liberare Auschwitz.

La Russia «contro» Mattarella

Ci si è chiesto il perché dei toni aggressivi da parte russa, senza precedenti, contro il Capo dello Stato e quindi contro l’Italia. Mattarella ha ricevuto la solidarietà corale dei partiti, pur con una Lega tiepida e i distinguo dei 5 Stelle. La domanda, poi, è a nome di chi effettivamente parli la signora Zakharova. Una reazione comunque tardiva rispetto al discorso di Marsiglia, quasi una mossa studiata a tavolino per testare la vulnerabilità di un Paese che somma tante cose distinte e distanti: un vertice istituzionale atlantico ma con la Lega di mezzo, europeista alla sua maniera e che ambisce ad essere una proiezione europea del tandem Trump-Musk, insieme a pezzi di opinione pubblica indulgenti verso Mosca e aree di sinistra neutraliste.

L’Europa deve riprendere in mano il proprio destino

È possibile che il bersaglio del Quirinale rientri in una dinamica politica più ampia che incrocia il cambio di fase fra l’America di Trump e l’Europa, teso a ridiscutere la futura convivenza euroatlantica e le garanzie di sicurezza da garantire all’Ucraina, uno dei nodi più complessi da risolvere. L’impressione di questi giorni, specie dopo le uscite del vicepresidente americano Vance, è che i due mondi, da separati in casa, non parlino più lo stesso linguaggio e abbiano approcci alternativi sia in tema di democrazia e di diritti che sull’agenda della Nato. L’Europa, dinanzi al declino dell’ordine liberale, rischia la solitudine e l’Ucraina abbandonata in nome di un disimpegno statunitense dal continente e di una pax americana sulla testa di entrambe e ai danni dell’aggredito. Questo è il dramma del Vecchio continente, vittima del proprio immobilismo e stretto fra l’unilateralismo della Casa Bianca e il neoimperialismo del Cremlino. Poi, magari l’Europa può tornare in gioco, potrebbe rientrare nelle trattative fra Stati Uniti e Russia in Arabia, ma deve riprendere in mano il proprio destino perché la storia accelera fuori controllo.

Draghi: « La risposta dell’Ue deve essere rapida»

E se Mattarella a Marsiglia aveva detto che è ora di agire perché l’ordine internazionale non è statico, ecco Draghi, ieri all’Europarlamento, rilanciare un rinnovato allarme, dalla tonalità piena, sul piano economico e geopolitico: la risposta della Ue deve essere rapida, perché il tempo non è dalla nostra parte. L’ex premier e titolare del Rapporto sulla competività ha riaffermato una questione sulla quale insiste da tempo, rivelatrice dell’inadeguatezza europea: la fine del mondo confortevole di ieri impone di chiederci se vogliamo difendere i nostri valori di sempre o andarcene (ma dove, si è chiesto), perché «possiamo aspettarci di essere lasciati soli a garantire la sicurezza in Ucraina e nella stessa Europa». Però anche stavolta non si parte bene: il vertice d’emergenza a Parigi di 7 Paesi su 27 (con l’Italia dubbiosa) per arginare i danni e riattivare una sicurezza continentale sostenibile ha riproposto un club diviso sull’idea di inviare truppe di deterrenza in Ucraina.

L’incognita delle elezioni in Germania

Pesa soprattutto l’incognita delle elezioni di domenica in Germania, in crisi di nervi per il temuto successo dell’estrema destra, il cuore del continente che rappresenta un quarto della produzione dell’Ue e in recessione da due anni. Per concludere: in quel drammatico «fate qualcosa!» lanciato da Draghi c’è tutto il senso di un tempo perduto, di una colpevole inerzia e insieme l’urgenza di voltare pagina. Sempre che il tempo non lavori a vantaggio degli autocrati.

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