L'Editoriale
Lunedì 30 Settembre 2024
Marzabotto, l’inchino alle vittime ci riguarda
IL COMMENTO. La scena è surreale, quasi simbolica. Il presidente tedesco Frank-Walter Steinmeier, che davanti alle famiglie delle vittime della strage di Marzabotto e a tutta l’Italia si inchina e chiede perdono per le atrocità naziste. Un gesto umile, sincero, carico di quel peso che solo la memoria storica può portare.
«Mi inchino dinnanzi ai morti. A nome del mio Paese, oggi vi chiedo perdono», ha detto Steinmeier, spezzando un silenzio che ancora, a distanza di ottant’anni, brucia sulla pelle dei familiari delle vittime. È una scena che dovrebbe appartenere anche a noi italiani. Ma non tutti se ne ricordano. Per fortuna a tenere alto il valore della dignità è il nostro presidente Mattarella.
«Siamo qui - ha affermato il Capo dello Stato - per chinare insieme il capo davanti a tante vite crudelmente spezzate»
«Siamo qui - ha affermato il Capo dello Stato - per chinare insieme il capo davanti a tante vite crudelmente spezzate, per riempire con i sentimenti più intensi di solidarietà quelle voragini che la disumana ferocia nazifascista ha aperto in queste terre, in queste comunità. Siamo qui per ricordare, perché la memoria richiama responsabilità. Nella Seconda guerra mondiale si toccò il fondo dell’abisso. La barbarie, la cancellazione di ogni dignità umana».
Perché il peso delle colpe non appartiene soltanto ai tedeschi. Le forze naziste trovarono, nella nostra Repubblica di Salò degli alleati che cooperarono senza esitazione nella brutale repressione con supporto militare o logistico, come guide, informatori e persino becchini. Ed è qui che il silenzio italiano diventa assordante. Nessuno, infatti, in Italia ha mai chiesto scusa per il ruolo che i repubblichini hanno spesso giocato in quelle stragi di marca nazista o nelle altre rappresaglie di partigiani e di civili che caratterizzarono l’ultima fase della Guerra. Tra quest’ultime c’era certamente la X Mas, originariamente un corpo d’élite della marina che dopo l’8 settembre 1943 mutò pelle. Da eroica forza speciale (attraverso i famosi motoscafi da combattimento e i siluri sottomarini detti «maiali» pilotati dai sub) si trasformò in una delle unità più feroci e fidate dai tedeschi per le operazioni di repressione, anche contro i civili. Non si trattava più di una semplice resistenza militare: si trattava di caccia all’uomo, di rastrellamenti, di fucilazioni sommarie. La loro efficienza nel reprimere il dissenso e nel punire i partigiani li rese uno strumento indispensabile nelle mani delle forze occupanti naziste di Kesserling. Eppure, in Italia, non solo non si è mai chiesto scusa. Sarebbe un modo per superare quel periodo che fu inevitabilmente di guerra civile.
C’è di peggio: in alcuni ambienti, i repubblichini vengono ancora esaltati, celebrati come un baluardo della «patria tradita». La differenza tra noi e i tedeschi è tutta qui. Da una parte, un Paese che ha saputo fare i conti con il proprio passato, anche se molto lentamente, anche se il fantasma nazista negli ultimi anni è tornato tra i giovani, ma che non teme di chiedere perdono per i crimini commessi. Dall’altra, una nazione che ancora si arrampica sugli specchi della retorica per evitare di ammettere il proprio coinvolgimento.
Se è vero che la Germania ha avuto il coraggio di guardare in faccia i propri errori, noi italiani continuiamo a far finta che il fascismo repubblichino sia stato un episodio marginale
Le parole di Steinmeier, che ha parlato di «dolore e vergogna», dovrebbero farci riflettere. Perché se è vero che la Germania ha avuto il coraggio di guardare in faccia i propri errori, noi italiani continuiamo a far finta che il fascismo repubblichino sia stato un episodio marginale. Quasi una nota a piè di pagina nella storia della Seconda guerra mondiale. E invece no. La Repubblica di Salò non fu un’eccezione, né un dettaglio irrilevante. Fu un regime che collaborò attivamente con i nazisti, che si macchiò di crimini efferati e che lasciò sul campo una scia di sangue innocente. Perché allora, se Steinmeier è capace di chiedere perdono a nome della Germania, nessuno in Italia ha mai avuto il coraggio di farlo per tutti coloro che collaborarono con i nazisti? Forse perché, in fondo, l’Italia non ha mai davvero fatto i conti con il fascismo.
Troppo comodo liquidare Mussolini come un dittatore folle e ridurre il fascismo a un fenomeno circoscritto. Troppo facile dimenticare che dopo l’8 settembre migliaia di italiani scelsero di servire, volontariamente, il Terzo Reich. Il problema non è solo la memoria, ma la sua gestione. E finché in Italia non ci sarà una piena assunzione di responsabilità per il ruolo svolto dalla Repubblica di Salò e dai suoi uomini, continueremo a vivere in una sorta di limbo storico. Non basta ricordare, bisogna chiedere scusa. Non basta celebrare le vittime, bisogna avere il coraggio di riconoscere i carnefici, anche quando questi portavano il tricolore sulla divisa.
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