Marcinelle non è solo memoria, è attualità

ITALIA. Sergio Mattarella ha ricordato la tragedia di Marcinelle. Ancora una volta. Non è certo la prima occasione in cui esterna frasi e pensieri densi di ammonimenti su quella strage, la sua riflessione su quei fatti lontani ricorre ogni anno, praticamente dall’inizio del suo mandato, quasi un chiodo fisso per l’inquilino del Quirinale.

Il perché è presto detto. Non si tratta solo del riconoscimento del valore della memoria storica, del dovere di ricordarne le vittime, in gran parte italiane. La tragedia della miniera di carbone Bois du Cazier, nei pressi del villaggio belga, provocata da un malfunzionamento elettrico, costata la vita a 262 minatori intrappolati a oltre mille metri di profondità (si salvarono solo in tredici) è un ammonimento perenne all’imperativo della sicurezza sul lavoro.

Ieri il Capo dello Stato ha ricordato gli articoli della Costituzione, fin dal primo, dedicati ai lavoratori e alla loro doverosa protezione nello svolgimento delle loro funzioni. Esiste infatti «un vincolo ideale inscindibile tra democrazia e lavoro e il pieno rispetto della dignità dei lavoratori ne è un principio fondamentale, affermato anche a livello internazionale», ha sottolineato il presidente della Repubblica nel suo messaggio. C’è un filo che lega il passato al presente? La risposta è quasi scontata. Certo, negli anni ’50 le condizioni di lavoro nelle miniere erano estremamente pericolose, con standard assolutamente inadeguati. I minatori si affidavano ai canarini nelle gabbiette, che si portavano appresso nei cunicoli, in modo da segnalare la presenza del grisù, il gas inodore sprigionato dal sottosuolo, potenzialmente esplosivo, di cui erano pieni i giacimenti. Quell’incidente terribile, che in Italia ha dato vita alla Giornata nazionale del sacrificio del lavoro italiano nel mondo, su iniziativa dell’allora ministro Mirko Tremaglia, mise in luce la necessità di rigorosi protocolli di sicurezza e di una migliore formazione degli occupati. Oggi, 68 anni dopo, nonostante i progressi tecnologici e le normative estremamente più severe, sia a livello europeo che nazionale, gli incidenti continuano a verificarsi, quelli mortali sono stati 469 solo quest’anno, un dato in aumento rispetto al 2023, che riflette un trend negativo.

Non facciamo progressi nel campo della sicurezza e le ragioni sono note: scarsa attenzione dei datori di lavoro (perché ancora in troppi considerano la sicurezza un costo aggiuntivo), precarietà, subappalti dati a cooperative pirata, pochi ispettori del lavoro, scarsa cultura anti-infortunistica. Eppure la sicurezza e la salute dei lavoratori dovrebbe essere una priorità. Su questo i sindacati dovrebbero certamente insistere di più. Non sempre lo fanno. Un altro aspetto significativo della tragedia di Marcinelle è legato all’immigrazione e anche in questo caso la memoria storica assurge a simbolo, a un ammonimento che ci porta ai nostri giorni. La maggior parte delle vittime erano immigrati, principalmente italiani, 136 provenivano dal nostro Paese. Una delle vittime era il trentenne Assunto Benzoni, originario di Cerete.

Erano povera gente in cerca di fortuna e di un reddito per mantenere le proprie famiglie, giunti in Belgio in base a opportunità economiche, poiché venivano garantiti stipendio, mutua, pensione, assegni familiari. In tutto il Belgio c’erano almeno 50mila italiani (di questi moltissimi provenivano dalla Bergamasca), spesso nei cunicoli lavoravano anche donne e bambini di otto, nove anni.

Nel contesto europeo attuale, caratterizzato da flussi migratori costanti, questa tragedia lontana ci invita a riflettere sull’importanza dell’integrazione e del rispetto della dignità umana. Ed è forse questa la lezione fondamentale di Marcinelle.

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