Manovra, tutti i nodi
verranno al pettine

Per ora, è solo un «numerino». La vera manovra è ancora tutta da definire, e non sarà altrettanto semplice. In realtà quel 2,4% è un numerone, perché significa un totale di circa 28 miliardi. Sarebbero stati 8 con lo 0,8 di Padoan nel Def di primavera, o 14 se Tria avesse tenuto duro sulla soglia dell’1,6. In proiezione triennale composta siamo a più di 100 miliardi: meglio abbondare, avrebbe detto Totò. Debiti da aggiungere ai 2.302 che abbiamo già sul groppone e a quelli che si generano da soli, causa spread che pur «se ne deve fare una ragione». Uno spread ragionevole, chissà perché, c’è solo negli altri Paesi: noi siamo a 267, in Francia a 33,3, in Olanda a 18,1, in Spagna a 102,5 e persino in Portogallo a 140. I livelli dove eravamo noi prima delle elezioni.

A pagare con soldi a prestito sono capaci tutti, eppure 28 miliardi sono ancora pochi. La macchina del consenso ne chiede potenzialmente 35/40 ma le coperture non sono «facili» come annunciava la litania della lotta agli sprechi e all’evasione fiscale. Ora bisogna trovarli davvero. Ma non si possono toccare gli 80 euro, perché sarebbe un favore a Renzi, non il pacchetto fiscale che ha fatto crescere l’economia nel 2017 (Ires attenuata, industria 4.0, superammortamenti), perché c’è una Confindustria addomesticata. Si può, questo sì, assorbire il Rei di Gentiloni, portando 2/3 miliardi dentro il reddito di cittadinanza, e pazienza se lo togliamo subito a 2,5 milioni di persone che già lo vedono in concreto. Ma per finanziare le cose più grosse non bastano certo le limature delle cosiddette pensioni d’oro (fumo negli occhi e guadagni per avvocati). Occorre un bel condono, ma grosso. Mica cose micraniose alla Renzi, che toglieva solo le sanzioni, ma chiedeva la tassa evasa. Oppure tagliare sanità, esenzioni, favori settoriali.

Dunque, siamo solo all’inizio. Il difficile deve ancora venire, anche perché non sarà una passeggiata entrare nel merito. Il più semplice è quello della flat tax per le partite Iva, che quanto meno non è un sussidio. Le pensioni minime a 780 euro sono un sogno per molti, ma un dispetto per chi li ha ottenuti con decenni di contributi. Dare 1,5 miliardi ai risparmiatori truffati dalle Banche esige invece una spiegazione ai «cittadini». Ci pensino la magistratura, o le Banche, come già largamente accaduto. Perché il contribuente?

Quanto al reddito di cittadinanza è indicato per 6,5 milioni di poveri, ma la matematica dice che gli arriverebbero solo 128 euro. La platea dovrà stringersi, e come in tutte le cose discrezionali, c’è un brivido: chi sceglierà i beneficiari? I disastrati centri per l’impiego hanno 8.000 addetti (100 mila in Germania) e la materia è nelle mani delle Regioni. Saranno loro a gestirlo? Un po’ come i Forestali in Calabria e i falsi invalidi in Campania? La Lega starà zitta? Quanto infine alla Fornero, c’è da chiedersi perché dobbiamo essere l’unico Paese a diminuire il tempo di lavoro. L’amico Putin l’ha alzato di 5 anni tutto d’un colpo, e i russi hanno una vita media di 10 anni inferiore alla nostra...

Restano infine (e dovrebbero essere al primo posto) gli investimenti, per i quali si userà il tesoretto di 120 miliardi di opere già cantierabili lasciato dai governi Pd, i quali peraltro si sono guardati bene dall’avviarle. La Gronda avrebbe scaricato il traffico del ponte Morandi, ma perché non si è ancora fatta? Almeno qui i 5Stelle hanno solo la colpa di aver manifestato in piazza con Grillo in testa, ma chi poteva fare non ha fatto.

Sono solo esempi della difficoltà delle prossime settimane, per di più con un ministro dell’Economia senza più credibilità. La politica lo ha schiacciato e forse è giusto cosi. Da tecnico dovrà occuparsi di cercare compratori del nostro debito (400 miliardi anno, per pagare stipendi e pensioni), ma al resto penseranno i vicepresidenti.

Hanno la legittimazione democratica per decidere quel che vogliono: pensioni alzate e anticipate, tasse abbassate, prebende garantite, condoni. Povertà abolita e tutti felici. Giudichino gli elettori, che però sono anche lavoratori, imprenditori e risparmiatori.

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