Manovra, la realtà e il rumore dei partiti

ITALIA. Riconoscere i segnali nascosti nel rumore che li circonda. Distinguere ciò cui occorre prestare attenzione da ciò che si dovrebbe ignorare.

È l’approccio da seguire per valutare una Legge di Bilancio della quale non si conosce nel dettaglio l’articolato e che inizierà solo lunedì il suo lungo percorso parlamentare prima dell’approvazione. Il lettore se ne sarà accorto: la politica, di rumore, ne fa parecchio. Potremmo far rientrare in questa categoria una frase del ministro dell’Economia, Giancarlo Giorgetti, detta nella conferenza stampa di ieri: «I pescatori e gli operai saranno contenti dopo questa Legge di bilancio, un po’ meno le banche». Non sfuggirà infatti che le categorie citate dal responsabile di Via XX Settembre sono (quantitativamente) poco significative, in Italia come in ogni altra economia industrializzata matura, oppure che il contributo richiesto alle banche, a voler essere precisi, si configura come un anticipo di cassa che sarà recuperato gradualmente dagli istituti nei prossimi anni. Certo, nell’agone democratico il ricorso alla retorica è fisiologico, ma assomiglia a un rumore di fondo anche il botta e risposta tra maggioranza e opposizioni sulle risorse per la sanità pubblica: la premier Meloni rivendica di aver tolto a banche e assicurazioni per dare a ospedali e persone fragili, le opposizioni contemporaneamente invocano più fondi per la tutela della salute. Al cittadino-spettatore verrà il dubbio di assistere a un dialogo tra sordi.

Il Governo ha aumentato le risorse per il comparto, previste nel prossimo anno, di 2,37 miliardi. È un primo passo, un segnale appunto. Dire che di risorse ce ne vogliano di più, come legittimamente chiede l’opposizione, può essere semplice per chi non deve trovare le coperture necessarie, ma in tutti gli scenari rimane un nodo da troppi eluso

Partiamo dunque dagli stanziamenti sulla sanità pubblica per tentare di individuare qualche segnale di fondo in mezzo alla quantità di informazioni - magari contraddittorie - che ci investe. Il Governo ha aumentato le risorse per il comparto, previste nel prossimo anno, di 2,37 miliardi. È un primo passo, un segnale appunto. Dire che di risorse ce ne vogliano di più, come legittimamente chiede l’opposizione, può essere semplice per chi non deve trovare le coperture necessarie, ma in tutti gli scenari rimane un nodo da troppi eluso. Che uso fare di questi soldi? Assumere più medici e infermieri, è la risposta standard. Ma non basta. Come ripensare per esempio la gestione delle strutture sanitarie, la formazione e i percorsi di carriera di medici e infermieri? Come risolvere casi limite, purtroppo sempre più frequenti, come quello dei concorsi per infermieri vinti con il minimo dei punteggi per carenza di candidati? Dire «ci vogliono più soldi» non basta. Servono, su questo, altri segnali, e auspicabilmente il Parlamento potrà arricchire il confronto.

Le pensioni

Sul fronte delle pensioni, si intravvede un salutare cambiamento di rotta della maggioranza rispetto a certe bandiere sventolate due anni fa in campagna elettorale. Rimane la conferma di Quota 103 in versione contributiva, di Ape sociale e di Opzione donna «selettiva», ma allo stesso tempo è stato rafforzato il cosiddetto «bonus Maroni» per premiare chi, su base volontaria, voglia rimanere al lavoro anche dopo aver raggiunto i requisiti per il pensionamento. In altre parole, invece di abolire la Legge Fornero – come chiedeva rumorosamente qualcuno – si prende atto dell’utilità di misure per l’invecchiamento attivo in un Paese in cui l’età media cresce e i lavoratori scarseggiano.

L’esecutivo ha reso strutturale il taglio del cuneo fiscale per i lavoratori dipendenti e dell’Irpef a tre aliquote che avvantaggia tutti i redditi medio-bassi, allargando ancora un po’ la platea interessata

A questo proposito, un segnale sicuramente positivo è quello che arriva proprio per il mondo del lavoro. L’esecutivo ha reso strutturale il taglio del cuneo fiscale per i lavoratori dipendenti e dell’Irpef a tre aliquote che avvantaggia tutti i redditi medio-bassi, allargando ancora un po’ la platea interessata. Non si tratterà di una misura shock, potrebbe obiettare qualcuno, ma la scelta è netta e chiara anche per i possibili beneficiari: archiviata la stagione del reddito di cittadinanza, nella sua versione con pochi controlli e ancor meno impegno sulle politiche attive, si punta ora a premiare il lavoro come via maestra per sostenere i redditi erosi dall’inflazione.

Il nodo natalità

Infine, rispetto a precedenti esecutivi, è lodevole il segnale inviato sulla natalità. Sono potenziati i congedi parentali, all’80% non più per due ma per tre mesi, e viene introdotta una «Carta per i nuovi nati» che riconosce mille euro ai genitori con Isee sotto i 40mila euro. Anche le detrazioni premieranno in misura maggiore le famiglie più numerose. Considerata la gravità del malessere demografico italiano, si poteva auspicare un impegno di risorse più massiccio, ma su questo sarà tutta la politica - non basta un solo governo - a dover fare un po’ meno rumore.

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