L'Editoriale
Domenica 11 Novembre 2018
Manovra, l’Italia
gioca col fuoco
Quello che può accadere a carico dell’Italia se a breve scatterà la procedura di infrazione per eccesso di debito, dipenderà da una valutazione totalmente politica del Consiglio e della Commissione di Bruxelles. Dipenderà cioè dalla convenienza elettorale di 18 Paesi dell’euro, per ora tutti schierati contro di noi, come dimostra la seconda fuga anzitempo da Bruxelles del ministro dell’Economia, quello che doveva convincere i partner della bontà della «manovra del popolo».
Potrebbe finir male, ma c’è ancora qualche margine, perchè non a tutti conviene né il fallimento di un grande Paese, né un conflitto interno che potrebbe essere devastante, il primo nella storia dell’euro. Meglio forse coprire con le «colpe» dell’Italia le insufficienze dalla politica europea. Questo margine è politico, perchè non è vero che a Bruxelles ci sono burocrati sordi e ciechi, una storia che sta in piedi solo nei comizi e nei talk, perchè il Consiglio, (che decide), è tutto formato da capi di governo e ministri, e la stessa Commissione, (che fa le proposte), è composta da fior di politici, tutti navigati e tutti passarti attraverso il vaglio del voto popolare. Altro che ottusi impiegati al servizio della finanza e del solito Soros...
Ma la spada di Damocle è comunque sopra la nostra testa: è il cosiddetto «Six Pack», accettato nel 2011 da una maggioranza Forza Italia-Lega, col voto contrario del Pd, e che stabilisce che se scatta la procedura di infrazione, scatta anche una sanzione del valore del 5% del Pil per tutto il debito che sta sopra il 60% indicato dai Trattati di Maastricht (siamo a più del doppio). Una sberla che vale circa 60 miliardi all’anno.
Il gran parlare che si è fatto in Italia di sussidi, prepensionamenti, condoni fiscali voluti dal popolo diventerebbe insomma uno spensierato sabato del villaggio prima di una lunga stagione di austerità. Una cura da cavallo che farà rimpiangere Monti, Fornero e tormenti del recente passato.
Da quel 2011 dell’austerità 1.0, il Paese ha camminato sul filo, sempre in precario equilibrio. I quattro governi che hanno preceduto l’attuale hanno fatto slalom tra regole, promesse, ammonimenti, rinvii. Ne siamo usciti con la diplomazia e le buone maniere, naturalmente definite «cappello in mano» dai critici, ma la cosiddetta flessibilità ha consentito di ottenere qualche decina di miliardi di sforo.
Sembrava avviata sullo stesso binario la negoziazione di Tria per un deficit all’1,6% e avremmo potuto cavarcela anche con un consuntivo, post passaggio parlamentare, del 2,1/2,2, ma la decisione politica gialloverde è stata un’altra, con un debito aggiuntivo e soprattutto risposte dure, arroganti e giudizi severi sugli euroburocrati senza cuore e senza cervello.
Una scelta fatta consciamente, scommettendo tutto sul fatto che la Commissione è in scadenza, e i partiti oggi in maggioranza a Strasburgo potrebbero perdere le elezioni europee (comunque a Trattati invariati).
Ma tutti i Paesi fanno le proprie scommesse e, allo stato, tutti vedono la possibilità di ottenere voti in casa propria puntando il dito sugli italiani spendaccioni, che - secondo loro - piagnucolano per un’immigrazione ormai ai minimi (è più elevata in Spagna) e pagano gente sul divano, condonano le case abusive e poi debbono spendere miliardi per i dissesti sul territorio (rifiutando i prestiti europei...).
Un tempo era la Germania a pensarla così, seguita solo da Finlandia e Olanda, ora il Nord è compatto e su questo punto anti-Italia sono d’accordo anche i Paesi guidati da quell’Orban recentemente accolto a Milano come leader del sovranismo. Nessuno vuole una Grecia moltiplicata per 10. A noi è costata 60 miliardi, non ancora restituiti.
Scatterà una valutazione politica prudente in queste settimane decisive? Si troverà un compromesso, magari favorito da una mediazione di Mattarella? Oppure «non si arretrerà di un millimetro» come detta la retorica del cambiamento? È un caso di infrazione mai accaduto, e ribellandoci, come minimo, perderemo trasferimenti e finanziamenti. Non sarà semplice essere isolati e senza accesso ai vantaggi europei.
Se tutti bluffano e giocano con il fuoco, quelli che davvero potrebbero bruciarsi siamo proprio noi italiani.
© RIPRODUZIONE RISERVATA