«Manda noi». Così rinasce la speranza per ognuno

IL VESCOVO BESCHI. Natale rivela un fascino crescente, testimoniato dalla dilatazione dei giorni pervasi dall’atmosfera natalizia.

Un’atmosfera illuminata da luci che brillano più chiare delle stelle; generata da decorazioni che invadono ogni angolo, da proposte musicali di ogni genere, da produzioni artistiche, teatrali, cinematografiche, televisive che si offrono agli occhi di una platea incalcolabile, dalla moltiplicazione di appuntamenti conviviali imparagonabile ad altri mesi dell’anno, da messaggi pervasivi che ispirano buoni sentimenti, da una disposizione al regalo che valica i confini familiari al punto da diventare gesto generoso per chi è più sfortunato e finalmente da un’attività commerciale in ogni settore della vita, che alcuni denunciano come la vera ragione che giustifica tutto quanto. Siccome di atmosfera si tratta, alla fine siamo noi a crearla e ancora noi a respirarla.

L’atmosfera possiede il potere di attutire e in qualche modo attenuare tutto ciò che la contraddice, spesso alimentando la disperazione e l’esasperazione di coloro che respirano tutt’altro o non respirano affatto. La parola che rappresenta questo potere è «esternalizzazione»: abbiamo da anni esternalizzato le guerre, il lavoro sporco e anche quello pulito; da anni abbiamo esternalizzato i migranti, affidando terribilmente e inutilmente ad altri il compito di tenerli lontani; abbiamo esternalizzato la politica, trasformando la partecipazione in tifoseria o abbandonando fondamentali doveri che sono il pane della democrazia; abbiamo esternalizzato la solidarietà affidandola ai volontari come fosse un mestiere; anche il mistero delicato della maternità può essere esternalizzato. Esternalizzare, in altre parole significa «ci pensino altri per noi»: può essere per interesse o per comodità, certamente è un’abdicazione alla responsabilità, che è ciò di cui abbiamo più bisogno.

Ho trovato un racconto in cui Dio si interroga su cosa può fare per liberare il mondo dalla tristezza. La corte celeste propone soluzioni che hanno il sapore della rassegnazione. Nell’incertezza che tutti ammutolisce, si alza la voce ferma e dolce del Figlio di Dio, che dice semplicemente: «Eccomi, manda me». Il Padre si commosse: «Figlio mio, tu sei l’Unigenito: conosci il prezzo dell’impresa? Le mie viscere si commuovono al pensiero di quello che ti aspetta…». Il Figlio però disse: «Padre, io amo gli uomini come li ami tu e desidero con tutto me stesso che nessuno vada perduto. Eccomi, manda me!». Il Padre disse: «Ma come farai? Che cosa dirai?». «La tristezza non si guarisce con rimedi e illusioni, con scienze o potenze - disse l’Unigenito -. Solo portando insieme il peso della vita si può alleviare la tristezza; solo se un uomo, una donna accoglie il dono della vita divina, può sapere qualche cosa della gioia; solo chi passa attraverso la morte può estirpare la radice di ogni tristezza; solo se conoscono te, Padre, avranno la pienezza della gioia e vinceranno ogni tristezza! Sarò dunque uomo per condividere ogni dolore, sarò dunque fratello per condividere d’essere figlio tuo! Sarò dunque come il seme che muore per insegnare la via della vita che porta a te, Padre!». E perciò il Verbo si fece carne e ancora condivide la nostra vita e la trasfigura nella vita del Figlio.

Anche Dio esternalizza la sua opera, in realtà mettendo in gioco se stesso nella persona del Figlio che diventa uomo per liberare ogni persona umana dalla tristezza di un male che sembra sempre il vincitore. Questo è ciò che i cristiani credono e gustano celebrando il Natale di Gesù. E nel momento in cui credono e gustano, avvertono, proprio a partire dal Natale, l’interiore chiamata a mettersi in gioco, a mettere in gioco la propria vita per liberare dalla tristezza del male non solo se stessi, la propria famiglia, il proprio paese o città, ma il mondo intero.

«Eccomi, manda me» diventi, a partire dalla libertà del cuore e dal fascino del Vangelo e della sua Grazia, un «Eccoci, manda noi», perché dal gesto generoso e dall’assunzione di responsabilità non solo per noi e per i nostri, possa continuamente rinascere la speranza di tutti.

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