L'Editoriale
Venerdì 28 Settembre 2018
Magistratura, già finita
la fiducia dei 5 Stelle
David Ermini, 59 anni, deputato del Partito democratico per due legislature e avvocato penalista, è il nuovo vicepresidente del Consiglio superiore della magistratura, l’organo di autogoverno dei giudici. Ermini è stato eletto dal plenum di Palazzo dei Marescialli, presieduto dal capo dello Stato, che, come è noto, a norma della Costituzione, ne è il presidente. Ma la nomina ha suscitato l’ira dei Cinque Stelle un minuto dopo la votazione, avvenuta – contrariamente alla prassi – al terzo scrutinio, quello che non richiede il plenum.
«È incredibile! Avete letto?», ha postato su Facebook il vicepresidente del Consiglio Luigi Di Maio. «Questo renzianissimo deputato fiorentino del Pd è appena stato eletto presidente di fatto del Consiglio superiore della magistratura. Lo hanno votato magistrati di ruolo e membri espressi dal Parlamento. Ma dov’è l’indipendenza? E avevano pure il coraggio di accusare noi per Foa, che non ha mai militato in nessun partito. È incredibile». Di Maio conclude affermando che «il sistema è vivo e lotta contro di noi».
Anche il ministro della Giustizia, Alfonso Bonafede, è andato all’attacco: «I magistrati del Csm hanno deciso di affidare la vice presidenza del loro organo di autonomia a un esponente di primo piano del Pd, unico politico eletto in questa legislatura tra i laici del Csm. Da deputato mi sono sempre battuto affinché il Parlamento individuasse membri laici non esposti politicamente. Prendo atto che all’interno del Csm c’è una parte maggioritaria di magistrati che ha deciso di fare politica!».
Ermini, che è un avvocato penalista politicamente molto vicino a Matteo Renzi, da parte sua ha chiesto la sospensione dal partito poiché il vicepresidente dell’organo di autocontrollo della magistratura, ha dichiarato, «risponde solo alla legge e alla Costituzione».
Ma perché i Cinque Stelle ce l’hanno con Ermini? Gli rinfacciano le sue dichiarazioni a difesa di Renzi nel caso Consip. Quello che colpisce però è l’astio politico di esponenti del primo potere di Montesquieu (la politica) contro il terzo potere (la magistratura) da parte di un movimento che ha sempre dichiarato fiducia incondizionata nei giudici – una fiducia quasi fideistica – persino in molte sentenze dei pubblici ministeri. Questa fiducia andrebbe mantenuta anche nei confronti del voto dei giudici «togati» (ovvero provenienti dai ranghi della magistratura e non votati dal Parlamento, come i «laici») nel Csm, poiché i giudici sono liberi di votare chi vogliono, pur avendo rivelato una spaccatura (Ermini ha ottenuto 13 voti. Il candidato sconfitto, il professore di diritto vicino ai Cinque Stelle Alberto Maria Benedetti, ne ha presi 11). Ermini è stato un deputato Pd renziano, certo, ma è un avvocato universalmente stimato e rispettato, di cultura cattolica. Perché attaccarlo alzo zero prima ancora che abbia fatto una dichiarazione?
Il tempo della sintonia con i giudici evidentemente è finito, poiché il ministro Bonafede ha accusato apertamente la magistratura di fare politica, ricalcando in pieno gli assalti di Silvio Berlusconi (il nemico numero uno dei grillini) e di molti esponenti di Forza Italia nelle precedenti legislature. Poco è cambiato nello stile politico. Manca solo il riferimento alle «toghe rosse» e non è detto che qualcuno prima o poi non lo tiri fuori, nel movimento.
Toccherà al presidente della Repubblica Sergio Mattarella moderare una partita, molto conflittuale, tra il Csm e due esponenti importantissimi del governo in carica. Una partita che promette scintille.
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