Maggioranza spaccata, Mattarella cerca risposte ai problemi del Paese

Alcuni decenni fa Livio Paladin - insigne giurista e presidente della Corte costituzionale - scriveva che il sistema politico «riplasma di continuo il ruolo del Capo dello Stato». Valutazione che rinviava sia alla questione del ruolo presidenziale nell’equilibrio dei poteri, sia alle caratteristiche complessive delle prerogative del Capo dello Stato.

Il giudizio permette una prima osservazione: il sistema politico - in concreto i suoi «attori» principali, Parlamento e governo - modificano i contorni del ruolo del presidente della Repubblica e non il contrario, come talvolta si pensa. La figura presidenziale è andata prendendo forma attraverso una trama assai fitta di avvenimenti e di vicende che hanno trovato soluzioni di volta in volta diverse, ma nelle quali tutti i presidenti hanno forgiato i propri poteri e il proprio ruolo in relazione alle domande e alle esigenze che il sistema politico-costituzionale poneva. In ragione di ciò analizzare i comportamenti dei presidenti della Repubblica diviene di fondamentale importanza perché permette di cogliere il grado di sensibilità verso il raggiungimento di una coesione nazionale intorno alle istituzioni. Nel contempo, l’analisi delle scelte compiute nell’esercizio dei loro poteri aiuta a cogliere il diverso stile politico con cui si impersona il potere.

La figura del Capo dello Stato ha costantemente alimentato la riflessione dei giuristi, i quali hanno analizzato fin dagli esordi ambiti e limiti dei poteri che la Costituzione ha assegnato al presidente della Repubblica, nonché l’evoluzione del loro esercizio. Su altri versanti, politologi e sociologi hanno indagato sia le dinamiche delle relazioni tra il Capo dello Stato e gli altri poteri costituzionali, sia il «peso dell’influenza presidenziale nelle scelte effettuate dal Parlamento e dai governi nell’esercizio delle loro prerogative. Il tema non ha soltanto riflessi di natura giuridica e politico-istituzionale, ma rimanda ad una dimensione simbolico-rituale del ruolo presidenziale finora non adeguatamente vagliata nei suoi molteplici aspetti. Naturalmente nel tempo gli scenari sono mutati. Non è arbitrario sostenere che, dalla presidenza Pertini in poi, la figura presidenziale si è andata colorando progressivamente di connotati - concreti e simbolici - che la pongono al centro dello scenario pubblico.

Un orizzonte, dunque, molto lontano dall’idea, pur sostenuta in sede di dibattito all’Assemblea costituente, dell’immagine di un Capo dello Stato evanescente e, insieme, distante dalla vita dei cittadini. Dal presidente «notaio» al presidente quale fulcro dell’equilibrio dei poteri costituzionali. Per valutare concretamente l’importanza della funzione del Capo dello Stato nella delicatissima fase della formazione del governo occorre riandare all’articolo 92 della Costituzione che prescrive che il presidente della Repubblica nomina il presidente del Consiglio e - su sua proposta - i ministri. Con asciutta semplicità le norme volute dai Padri costituzionali definirono principi che evitassero il rischio di imbrigliare in norme troppo stringenti il ruolo del Capo dello Stato nelle scelte che derivano dalla volontà popolare e che trovano concreta espressione nei poteri del Parlamento e del governo.

Dalle vicende delle settimane seguenti le elezioni del 25 settembre sembrano emergere due elementi dissonanti. Da un lato, l’indiscutibile vittoria della coalizione di centrodestra; dall’altro le perduranti divergenze tra i partiti chiamati a formare il prossimo esecutivo. Il quadro non si presenta roseo. Resta la fondata speranza che l’equilibrio, il rigoroso senso dello Stato, l’attenzione massima ai problemi del Paese che hanno connotato il precedente mandato di Sergio Mattarella possano condurre a soluzioni soddisfacenti e all’altezza della difficoltà dell’attuale momento storico.

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