L'Editoriale / Bergamo Città
Giovedì 28 Marzo 2019
L’ultima accusa
«Il Papa? Buonista»
Il rimprovero è scattato all’istante. Nemmeno pochi minuti dopo l’anticipazione delle parole del Papa sulle navi delle Ong ferme nei porti del Mediterraneo sui social è tutto un fiorire d’accuse al solito Bergoglio che invece di concentrarsi sui mali che affliggono la Chiesa si occupa di immigrati. Francesco? Un buonista. Il Papa ha detto una cosa semplice, ma che purtroppo meraviglia. Qualche giorno fa ha rilasciato un’intervista a una televisione spagnola e il giornalista gli ha chiesto cosa pensasse delle navi delle Ong ferme nei porti.
E lui ha risposto: «Tenere ferma una nave è un’ingiustizia». E poi ha chiesto con un velo di tristezza: «Perché lo fanno? Per farli annegare?». Parole di buon senso, anzi di senso comune. Parole che avrebbe detto chiunque di noi, se non avesse la cattiveria nel cuore e l’odio nella mente. Perché oggi sono molti coloro che provano una soddisfazione e una contentezza sfrenata per quelle navi finalmente bloccate da cavilli burocratici. Ieri è stata riammessa in mare la Mare Jonio sequestrata la scorsa settimana a Lampedusa. Altre sono ferme senza che esistano provvedimento giudiziari a loro carico, ma solo pretesti amministrativi. Così oggi non c’è più nessuno che pattuglia uno dei confini più letali al mondo, quel Mare Mediterraneo centrale dove negli ultimi cinque anni sono morti, secondo le stime delle organizzazioni delle Nazioni Unite, oltre 17 mila persone.
Cosa doveva dire il Papa di fronte alla certezza che se nessuno va a cercare i barconi in difficoltà quelli affondano e la gente muore? Le navi delle Ong hanno impedito finora l’oblio, hanno raccolto naufraghi e lo hanno raccontato. La preoccupazione del Papa circa coloro che preferiscono lasciare morire in mare chi tenta la traversata è quindi del tutto legittima. Le migrazioni non si fermano. Ci sono rotte che sfuggono ad ogni vigilanza. Per esempio quelle dall’Algeria alla Sardegna, sbarchi fantasma, mini-sbarchi sulla rotta Annaba-Sulcis con piccole barche e con tanti morti, perché una volta si preparavano le traversate, oggi si gioca con la morte per sfuggire ai controlli. Ci sono le rotte nelle acque infide di qua e di là dello stretto di Gibilterra, solcate da gommoni poco più che giocattoli, tanto sono solo 14 miglia dal Marocco. Nessuno ne parla, solo la Caritas di Malaga che denuncia e appronta cibo e ricovero per i rifugiati. Non è un caso che Bergoglio quando sabato andrà in Marocco nel seguito ha voluto con sé il vescovo di Malaga mons. Jesus Català, perché la Chiesa quando vede una persona ferita o che affoga non fa tante domande, non chiede da dove viene o dove vuole andare. Semplicemente tende la mano e spende del suo. C’è da meravigliarsi? No, perché è scritto nel Vangelo, parabola del Buon Samaritano. Forse è da qui che qualcuno trae l’insulto ormai preferito dagli italiani.
Le indagini sulle Ong? Uno schiaffo ai buonisti. L’albergatore che non assume i neri? Ha fatto bene, basta con il buonismo. Oggi i buoni sono diventati buonisti, buoni di professione con chissà quali interessi nascosti. Non si può essere buoni e basta, senza complotti alle spalle, senza essere politicamente corretti. Le retoriche devono compartirsi: o sei buonista o sei cattivista. È lo schema ideologico che fa la differenza. Nel caso delle parole del Papa alla tivù spagnola il punto è cercare di criminalizzare ogni empatia verso i più deboli. Si bolla di buonismo chiunque cerca di proporre un pensiero ragionevole, per banale che sia come quello di soccorrere chi affoga in mare. Ma si sbaraglia anche il diritto e il dovere ad essere buoni, come dice il Vangelo e la nostra Costituzione.
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