L'Editoriale
Domenica 19 Novembre 2023
L’ucraina oscurata, cosa rischia L’Europa
MONDO. Un bombardamento russo in due tempi nella regione di Zaporizhzhia ha provocato la morte di due soccorritori, intervenuti dopo un primo raid su un condominio che pochi minuti prima aveva ferito quattro civili e provocato un incendio.
Non passa notte o alba senza che missili e droni esplosivi non vengano lanciati deliberatamente dagli occupanti su edifici civili ucraini in città e villaggi lontani dal fronte: è la campagna del terrore che dura da 633 giorni e che non fa più notizia, finita nel gorgo dell’assuefazione e del silenzio mediatico, oscurata dal micidiale, nuovo capitolo del conflitto israelo-palestinese. Il popolo ucraino guarda ora con accresciuta paura all’arrivo dell’inverno, il più freddo nell’Europa continentale con le temperature che scendono fino a meno 25°. Come accadde l’anno scorso, nelle prossime settimane potrebbe essere preceduto da una campagna diffusa di «terrorismo energetico»: i bombardamenti sistematici di centrali elettriche. Nel 2022 dieci milioni di persone in seguito ai raid restarono al gelo e al buio. Un assaggio della replica lo hanno subìto nei giorni scorsi i residenti in prossimità del fronte, mille chilometri a cavallo del Donbass: sono state colpite le regioni di Kherson, Donetsk e Kharkiv lasciando oltre 50mila abitanti senza elettricità.
L’ultimo rapporto della Commissione indipendente dell’Onu sulla guerra in Europa ha portato intanto ulteriori prove di crimini di guerra russi, negli oblast di Zaporizhzhia e Kherson: torture, rapimenti di bambini e stupri anche di minori e di anziane. Un tale orribile accanimento conferma l’obiettivo dell’invasione su larga scala: la deucrainizzazione, cioè la cancellazione dell’identità, della cultura (bombardando anche biblioteche antiche e importanti università) e della storia di un popolo che ha osato sfilarsi dal giogo del Cremlino perché si sente europeo. Un’ulteriore conferma arriva da ciò che accade ai cittadini non russofili che vivono nel 20% di Ucraina attualmente occupata: carcerazioni arbitrarie, torture, sparizioni e l’obbligo di prendere la cittadinanza russa per non perdere lavoro, pensione e diritto all’assistenza medica.
Sul fronte militare, la controffensiva di Kiev non ha sortito grandi risultati. Il sostegno occidentale, nonostante le polemiche sollevate, è limitato e tardivo (lo scopo evidentemente non è sconfiggere il Cremlino sul suo suolo), mentre Mosca ha portato le spese per l’esercito al 6% del Pil nazionale. Nel 2024 ammonteranno a 115 miliardi di dollari, a fronte dei 40,7 miliardi dell’Ucraina. La Corea del Nord nelle scorse settimane ha poi inviato alla Russia un milione di munizioni da cannone. Ma la superiorità degli invasori è misurabile anche nella possibilità di reclutare molti più uomini, in un Paese di 143 milioni di abitanti, mentre nello Stato aggredito vivono attualmente 32 milioni di persone. In queste condizioni, solo il forte desiderio di respingere l’occupazione ha permesso agli ucraini di scongiurare finora la perdita dell’intero Paese.
Lo stress però inizia a pesare, aprendo anche fratture fra il potere politico e quello militare sulle strategie da adottare. La partita in gioco ci riguarda: se il Cremlino dovesse conquistare l’ambita, storica preda, l’Europa centrale e orientale e i Balcani verrebbero pesantemente destabilizzati con ricadute anche sulla parte occidentale del continente. Non ne abbiamo la percezione, invece presente ad esempio nei Paesi baltici che accusano l’Occidente di non aver fatto abbastanza per contenere l’imperialismo putiniano che agisce anche attraverso la guerra ibrida, intossicando ad esempio le campagna elettorali, come successo nelle scorse settimane in vista del voto amministrativo in Moldavia.
A parte i guerrafondai dichiarati, chi non ambirebbe ad un’uscita dalla guerra in Ucraina per via diplomatica? Ma Mosca pone come precondizione di un negoziato il riconoscimento dell’annessione illegale del 20% del Paese aggredito, la «nuova realtà» come la chiama Putin. Il diritto internazionale è dalla parte di Kiev, quello stesso diritto che si invoca giustamente per i palestinesi. Il presidente russo ha dichiarato che la richiesta di un loro Stato è legittima, mentre sta conducendo un conflitto per distruggere uno Stato già esistente, indipendente e sovrano. Se la situazione non fosse tragica, sarebbe comica.
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