L'Editoriale
Domenica 26 Gennaio 2020
Lotta alla droga
Questione seria
Tra le vicende politiche che hanno tenuto banco in settimana, c’è l’improvvida citofonata di Matteo Salvini a una famiglia tunisina nel quartiere Pilastro di Bologna, sospettata da alcuni residenti di spacciare droga. L’azione è stata compiuta nell’ambito della campagna elettorale per le regionali in Emilia (si vota oggi). L’ex ministro era accompagnato da un codazzo di militanti della Lega, di residenti e di giornalisti: un gruppo ridanciano divertito dallo sketch. In sottofondo qualche voce dissidente al blitz. Sui social è andato in scena il discredito in diretta dei destinatari della scampanellata, non degno di uno Stato di diritto, nel quale le persone non andrebbero esposte alla gogna pubblica.
Se ci sono elementi per sostenere che componenti di quella famiglia spacciano, si proceda con una denuncia alle forze dell’ordine. Le verifiche di alcuni giornali hanno appurato che il nucleo tunisino non c’entra niente con lo spaccio. Il padre ebbe a che fare con questo reato 20 anni fa, ha pagato i conti con la giustizia e ora lavora come corriere. Il figlio di 17 anni studia ed è incensurato, un altro figlio vive altrove. Per Honoré de Balzac «i “si dice” e i “forse” sono i portinai della maldicenza».
Salvini ha giustificato il suo atto nell’ambito di un impegno personale contro la droga che uccide e contro gli spacciatori, da perseguire come prevede la legge. Presenze non solo nelle periferie, sono i galoppini di un mercato gigantesco, forse il più globale. Arrestatone uno, un altro prende il suo posto. Spesso sono a loro volta tossicodipendenti, che vendono «la roba» per avere in cambio la dose da consumare. Bisognerebbe guardare al fenomeno droga nella sua complessità e vastità per contrastarlo meglio. L’Italia, per la sua posizione geografica e gli 8 mila km di coste, è una delle principali porte d’accesso degli stupefacenti in Europa, che a sua volta è il primo mercato mondiale di consumo dell’eroina e il secondo della cocaina. Nel nostro Paese il narcotraffico genera un business da 12 miliardi di euro l’anno (300 miliardi in Europa, cifre sottostimate perché per sua natura il fenomeno viaggia sotto traccia) ed è gestito dalle organizzazioni mafiose: la cocaina è smerciata principalmente da ’Ndrangheta, Cosa Nostra, Camorra e organizzazioni sudamericane; l’eroina dalla criminalità campana e pugliese in stretto contatto con le organizzazioni albanesi; per i derivati della cannabis, infine, la criminalità laziale, pugliese e siciliana, insieme a gruppi maghrebini, spagnoli e albanesi. Negli ultimi anni però sono sorti «politraffici»: i gruppi criminali contrabbandano di tutto. La quasi totalità della droga arriva in Italia via mare, mentre fino al 2008 passava principalmente dagli aeroporti, ma l’intensificazione dei controlli ha fatto cambiare rotta. I porti privilegiati sono Gioia Tauro, Genova e Bari. Gli stupefacenti sono nascosti in container. Verifiche troppo serrate intralcerebbero la movimentazione per le grandi aziende della logistica, che deve essere invece veloce. Alcune inchieste poi hanno portato alla luce portuali e impiegati doganali corrotti.
La cocaina arriva dal Sudamerica, l’eroina dall’Asia, la cannabis dal Nord Africa. Non aiuta poi la destabilizzazione di alcuni Paesi: nella Libia in conflitto cresce il traffico di hashish. Aumenta anche il mercato di droghe sintetiche, che viaggia però via internet.
L’Italia spende ogni anno 1,4 miliardi di euro per il contrasto al narcotraffico. Forse bisognerebbe agire con più forza sui Paesi di provenienza degli stupefacenti: in Afghanistan ad esempio, dove sono presenti contingenti militari occidentali, la produzione di oppio ha raggiunto livelli record. Trasformata in eroina, raggiunge l’Italia e l’Europa via terra.
L’offerta è alta perché la domanda di stupefacenti è in crescita. La cultura contemporanea si è assuefatta e rassegnata al consumo. L’ultima Relazione annuale sul fenomeno delle tossicodipendenze in Italia registra una vittima al giorno: 334 nel 2018, 38 in più dell’anno precedente. In media, una ogni 26 ore. Il 12,8% in più rispetto al 2016. Fra i più giovani, sono 660 mila gli studenti che hanno fatto uso, nell’ultimo anno, di almeno una sostanza illegale: cannabis in testa (25,6%), seguita dalle Nps, le nuove (e micidiali) sostanze psicoattive come il pericolosissimo Fentanyl, col 7%. La spesa per la cannabis è stimata in 4,4 miliardi l’anno, per la cocaina 6,5. Per la cura vengono investiti due miliardi di euro, valore sottostimato perché non tiene conto delle patologie correlate, come le malattie infettive. I consumatori sarebbero otto milioni: crescono, insieme alla sottovalutazione dei rischi. Le comunità terapeutiche chiedono di rivedere il sistema dei servizi di assistenza e cura, fermo agli anni ’90, di non criminalizzare i tossicodipendenti rinchiudendoli nelle carceri e di non ridurre più le risorse destinate a prevenzione e riabilitazione. Una chiamata alla politica, altro che citofonare a presunti spacciatori.
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