Lo Stato in economia
Ma solo se è a tempo

Questa tremenda crisi globale che va in diretta tutti i giorni nelle nostre vite sta assumendo sempre più evidenti aspetti di rimando alla grande crisi di fine anni Venti dello scorso secolo. Gli Stati di tutto il mondo si stanno adoperando, con logiche e interventi di differente peso specifico, nel porre in atto politiche di sostegno pubblico alla domanda e all’investimento parecchio simili a quelle ispirate in quegli anni dall’economista inglese John Maynard Keynes. Così anche il nostro governo - accrescendo enormemente
il debito pubblico, come consentito dall’Ue - sta intervenendo sul mercato per tutelare parzialmente imprese e consumatori, determinando un sensibile aumento della presenza dello Stato in economia. In particolare, col «decreto liquidità» sono state introdotte importanti misure che hanno riguardato per diversi aspetti il mondo delle imprese, con l’obiettivo da un lato di tutelarle da attacchi esterni e dall’altro di consentirne la ripresa.

Circa il primo aspetto, un grande rilievo assume l’approvazione del «nuovo Golden Power» (potere d’oro), che si ispira ad un analogo provvedimento approvato nel marzo 2012 col quale si prevedeva la facoltà del governo di opporsi, a difesa degli interessi generali, all’acquisto di determinate imprese operanti in settori strategici come la difesa, la sicurezza, l’energia, i trasporti e le comunicazioni.

Con il nuovo provvedimento è stata prevista un’estensione delle prerogative governative anche in altri settori quali quello alimentare, assicurativo, sanitario e finanziario. Con lo stesso decreto si è intervenuti per favorire la ripresa delle attività produttive, disponendo l’erogazione da parte delle banche di prestiti con garanzia statale per 400 miliardi, di cui 200 per l’export. Il «Fondo centrale di garanzia» garantirà al 100% le richieste di credito delle Pmi e autonomi fino a 25.000 euro e al 90% le operazioni di maggiore ammontare di società con meno di 500 addetti. La Sace - appartenente a Cassa depositi e prestiti e a sua volta posseduta dal Tesoro - garantirà il credito concesso alle aziende più grandi.

Nel corso di un recente dibattito televisivo, durante il quale si evidenziava la macchinosità di questi interventi e si auspicava un alleggerimento delle procedure adottate, ha destato non poche perplessità una dichiarazione del ministro dello Sviluppo economico Stefano Patuanelli. Dopo aver assicurato che il governo si sarebbe attivato per rendere più efficienti ed efficaci i provvedimenti, ha infatti dichiarato che il decreto liquidità vuol rappresentare l’inizio di una nuova Iri (Istituto per la ricostruzione industriale). Costituito nel 1933 in epoca fascista, l’istituto assunse la proprietà e la gestione delle più importanti aziende industriali e delle tre più grandi banche (Commerciale italiana, Banco di Roma e Credito Italiano). Fu guidato da grandi professionisti che ottennero apprezzabili risultati soprattutto nei primi decenni del dopoguerra.

Già negli anni Settanta, però, iniziò un inesorabile declino dovuto in particolare alla nomina in posti chiave di personaggi legati al mondo politico non dimostratisi all’altezza. Nel 1992 l’Iri chiudeva l’anno con 75.912 miliardi di fatturato, ma con 5.182 miliardi di perdite e si collocava al settimo posto nella classifica delle maggiori società del mondo. Trasformato nel 1992 in Società per azioni, cessò di esistere dieci anni dopo. Tale esempio di quanto un ingiustificato prolungamento dell’incubatrice statale possa sortire effetti controproducenti, rende ancora più meritevoli di approfondimenti le dichiarazioni di Patuanelli, così come quelle rilasciate da autorevoli esponenti del Movimento 5 Stelle che, attraverso la Sace e la Cassa depositi e prestiti si propongono di giungere addirittura alla costituzione di una «banca di Stato».

Siamo oggi in piena emergenza di tenuta economica del Paese ed è dunque inevitabile un’espansione del settore pubblico che protegga, agevoli in ogni modo aziende, famiglie e privati e prepari adeguatamente la ripartenza. Dopodiché, sarà quanto mai opportuno che lo Stato si ritiri ove possibile, lasciando spazio a nuove idee, nuovi stimoli, nuovi sogni individuali e collettivi di rinascita.

© RIPRODUZIONE RISERVATA