Lo sguardo del mondo su chi sta soffrendo

ITALIA. Li ha voluti lui lì in mondovisione perché fosse chiaro chi soffre più di tutti gli altri. Li ha voluto lui lì in mondovisione ad alzare la voce a nome di tutti i perseguitati, i torturati, le stuprate, gli affogati.

Li ha voluti Jorge Mario Bergoglio perché al grido di coloro che soffrono non sia più imposto il silenzio dai media, dal perbenismo dei ricchi, dalle geopolitiche canaglia, dall’ignoranza faziosa, funzionale e colpevole degli idioti giulivi che promettono mirabilie accanendosi a salvare identità e ad imporre conformismi. Francesco ieri sera alla Via Crucis ha assestato un brutale cazzotto all’indifferenza del mondo mettendo davanti agli occhi gli scarti di chi erige frontiere e le presidia con le armi, del potere che fa della guerra l’unico arbitro della politica, dell’economia che alimenta fame, rabbia e diseguaglianza come scelte sistemiche e strutturali. Ieri sera hanno portato la croce le donne e gli uomini che non possono scendere da questo mondo di dolore, che non possono dire basta, che non riescono nemmeno a chiedere una tregua alle sofferenze, invocare un goccio d’acqua perché hanno sete di pace, esattamente come all’uomo della croce a cui hanno dato su una canna aceto e fiele. Francesco ha voluto intitolare la Via Crucis «Voci di pace in un mondo di guerra» e ha imposto in mondovisione a tutti noi una discesa verso il tormento, il dolore, l’angoscia, il disastro di buona parte dell’umanità. Ha trovato le parole giuste guardando negli occhi quell’umanità che oggi viene scartata, senza mettersi da nessuna parte, senza stabilire con chi allearsi o chi sostenere. Semplicemente Bergoglio sta dalla parte di chi è immerso nella storia più tragica, come fu per l’uomo della croce. E ancora una volta rovescia il banco dei commercianti davanti al tempio, sbaraglia e scàrdina, politicamente scorretto in tutte le narrazioni. Fa parlare insieme un ragazzo ucraino e uno russo suscitando le ire dell’ambasciatore ucraino presso la Santa Sede, per averli messi sullo stesso piano uno aggredito e l’altro aggressore, copione già visto lo scorso anno. Chiede ad un giovane migrante di raccontare il viaggio per mare ripetuto molte volte, respinto nei campi di tortura libici da una nave italiana e aiutato invece dalle Ong, oggi additate come grumo di ogni nefandezza. Imperturbabile dà fiato ai torturati, alle violentate nell’ora di massimo ascolto televisivo, come avvenne quel pomeriggio in cui si fece buio su tutta la terra. Non era mai accaduto che una Via Crucis al Colosseo assumesse toni così drammatici, che si vedessero e si ascoltassero nei volti e nelle parole le ferite provocate dalla violenza cieca e dall’ingiustizia del mondo. Ieri sera la sofferenza di Dio si è trasfigurata e riflessa negli occhi delle vittime dei conflitti, danni collaterali per chi ritiene oggi il mondo comunità di combattenti che precipitano di corsa verso lo scontro finale. Il Papa ha chiesto di ascoltarli, di camminare con loro, di non dimenticarli perché solo loro, loro che hanno sentito le ferite incise sulla propria pelle, loro che hanno respirato l’odore acre della guerra, possono aiutare il resto del mondo ad evitare di imboccate la strada dell’autodistruzione. Bergoglio non è mai stato diplomatico e la sua diplomazia, secondo un’analisi di padre Antonio Spadaro, è sempre stata ben poco «diplomatica». Ieri sera lo ha confermato accelerando sulla sua visione «equivicina» a russi e ucraini e invocando quella «pacem in terris» che Giovanni XXIII sessanta anni fa aveva supplicato, ma che oggi ancora il mondo non riesce a custodire, nonostante ogni giorno il grido dei perseguitati e degli abbandonati percuota le nostre orecchie e solo un Papa sia lì ad amplificarlo.

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