L'Editoriale
Domenica 29 Dicembre 2024
L’Italia sfiduciata e i segnali positivi
ITALIA. Anno che si chiude, bilanci da redigere. Facili da stilare, se ci si limita a considerare i numeri. Difficili, se non impossibili, se si entra nel terreno minato dei giudizi politici.
Un solo esempio: la stabilità di governo, in genere considerata un dato positivo, non è così se andate a chiederlo a uno di sinistra. Meglio non avere un governo stabile, se di destra, una destra accusata di tenere il manganello nascosto sotto il doppio petto. Non c’è da farsi illusioni, quindi, sulla possibilità di stendere un bilancio politico condiviso. Meglio limitarci a rilevare le novità e le conferme che si sono registrate nell’anno che si chiude. Tutto sommato, niente di sconvolgente, il che ci permette di dire che, con i tempi che corrono, non c’è andata nemmeno troppo male. L’epidemia del coronavirus è un ricordo lontano. Le guerre che lacerano Europa e Medio Oriente non ci hanno investito direttamente, se non consideriamo le nostre coscienze. Il disordine mondiale non ci fa fatto pagare costi troppo alti. Il disorientamento generale, che regna in Europa, se non ci ha lasciato proprio immuni, ha toccato ben più a fondo altri paesi. Siamo tra le democrazie più stabili. E questo, lasciateci dire, per una nazione famosa per sollevare dall’incarico i propri governanti quasi prima che abbiano preso posto sulla poltrona, ha del sorprendente.
Del resto, è difficile essere ottimisti quando il sistema Paese denuncia carenze strutturali che, invece di essere superate, pare si aggravino
Sul fronte economico
Se passiamo poi a considerare da vicino come sono andate le cose, possiamo anche qui concludere che ce la siamo cavata, pur sempre portandoci dietro tutte le nostre vecchie magagne. L’economia ha confermato quel trend che ci accompagna ormai da un trentennio. Il Pil cresce, ma con numeri da prefisso telefonico, quando le altre economie - non parliamo della Cina, dell’India o degli Stati Uniti - marciano a tutt’altra velocità. È cresciuta l’occupazione, ma non parimenti il Pil, segno che la produttività, la vera leva della crescita, continua ad essere carente. Ne risente il clima generale. Come ci conferma impietosamente il rapporto Censis, gli italiani restano in preda a sconforto, paura, sfiducia. Del resto, è difficile essere ottimisti quando il sistema Paese denuncia carenze strutturali che, invece di essere superate, pare si aggravino.
Dalla scuola alla sanità
La scuola licenzia diplomati che faticano a far di conto e a leggere, non parliamo dello scrivere. La sanità annaspa, come Prima, più di prima. La ricerca, su cui i paesi più vitali fanno la loro più grande scommessa, è la nostra Cenerentola. Non abbattiamoci, però. Il 2024 ci ha regalato una grande conferma che ci ripaga di tante delusioni. Restiamo quel calabrone che siamo sempre stati. Non abbiamo delle ali potenti per sollevare tutto il carico di tare che ci ritroviamo sulle spalle, ma pur tuttavia continuiamo a volare. Siamo al quarto posto nella graduatoria mondiale per esportazioni.
Non è cambiato governo. Non è cambiato il rapporto di forza tra maggioranza e minoranze. Ha resistito, anzi s’è consolidata la leadership di Meloni, a destra
La politica in Italia e in Europa
Se passiamo alla politica, qui ognuno è libero di assegnare i più e i meno come meglio crede. Noi ci limitiamo ancora una volta a rilevare conferme e novità. Non è cambiato governo. Non è cambiato il rapporto di forza tra maggioranza e minoranze. Ha resistito, anzi s’è consolidata la leadership di Meloni, a destra. Parimenti, si è stabilizzata quella di Schlein, arrivata da guastatrice a sparigliare i giochi della sinistra. Sono conferme ma, a ben guardare, sono anche delle sorprese. Chi avrebbe detto che il governo guidato da una destra sospettata di nostalgismo, avrebbe retto alla prova nella Repubblica più antifascista d’Europa? Chi avrebbe detto che il Pd, una forza che si vanta di avere grande considerazione delle responsabilità istituzionali, non avrebbe avuto problemi a farsi guidare da una segretaria proveniente dall’area dell’antagonismo giovanile?
Come concludere il nostro bilancio? Non c’è né troppo da rallegrarci né troppo da dolerci. Abbiamo ali piccole, ma continuiamo a volare. Non facciamo le riforme necessarie, ma continuiamo a sperare prima o poi di farle. O ci basta consolarci col fatto di dichiararci tutti riformisti?
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