L'Editoriale
Lunedì 10 Ottobre 2022
L’Italia ha perso la sovranità finanziaria
Non avere spazio fiscale è il modo elegante per dire che non hai soldi da spendere. Lo dicono in modo pudico a livello internazionale quando parlano dell’Italia. L’abbiamo sentito evocare a Praga al Consiglio europeo informale del 6 e 7 ottobre. Con l’aumento degli interessi il servizio del debito diventa più caro.
Allo stato attuale sono stati erogati più di 60 miliardi per far fronte ai vari ristori. Ed è a questo punto che il costo del gas diventa decisivo. Con un tetto al prezzo del metano si abbasserebbero i costi di produzione di energia elettrica e le bollette sarebbero meno care. Un’operazione del genere ha successo però solo a livello europeo. Il consumo italiano è troppo contenuto per fare la differenza sul piano della capacità contrattuale con i fornitori.
Diventa quindi indispensabile la collaborazione dei partner europei e della Commissione. Con la guerra in Ucraina, la pandemia non ancora debellata, l’impennata dell’inflazione, i costi crescenti delle materie prime e dei componenti elettronici, l’interruzione delle catene di rifornimento e approvvigionamento la speranza di ridare slancio all’economia italiana svanisce. Un tasso di crescita al 2% è la linea del Piave che stabilizza il fronte del debito e rassicura gli investitori. Al di sotto si viaggia in una zona grigia a rischio con l’Italia esposta alla speculazione.
A questo punto ci si aspetterebbe una disponibilità a valutare una strategia comune a livello dei 27. È infine interesse di tutti ottenere un prezzo più basso della materia prima che scalda le case degli europei. Ma non è così. La Germania teme per le sue grandi industrie. La crisi le ha trovate impreparate alla riconversione energetica. A Berlino contavano sul gas russo concordato a basso prezzo per continuare nella politica del surplus dell’export. Adesso si teme che imponendo un prezzo ai produttori questi si rivolgano altrove e lascino la Germania senza energia per far funzionare il sistema produttivo. Se dovesse succedere vorrebbe dire annullare in un solo colpo posizioni di mercato acquisite. Perdere non fa parte del vocabolario dell’élite industriale tedesca. La Germania teme di dover rinunciare al suo ruolo egemonico. Vorrebbe dire non avere più l’ultima parola in Europa e soprattutto doversi adeguare alle politiche dei partner.
Morale: mette in campo l’artiglieria con 200 miliardi di euro. Una strategia costosa che fa pagare il combustibile più del dovuto ma che ha il vantaggio di mettere i partner/concorrenti europei alle corde. L’industria tedesca rimane competitiva verso americani e cinesi e guadagna fette di mercato in Europa. Un volume di fuoco come quello tedesco gli italiani non se lo possono certo permettere, i francesi hanno meno problemi per il rifornimento energetico e anche gli spagnoli sono più coperti. Gli unici esposti sono Italia e Germania. Con questa differenza: lo spazio fiscale la Germania ce l’ha e lo sfrutta l’Italia no. Certo si potrebbe ancora andare a debito. È la ricetta Salvini. Ma l’agenzia Moody’s ha già messo le mani avanti: se il bilancio sballa il prossimo declassamento del rating è a spazzatura.
Draghi, che è del mestiere, si è rifiutato di creare nuovo debito. È andato a cercare con il ministro delle finanze Daniele Franco le risorse occulte negli angoli nascosti del bilancio e le ha trovate. Ma adesso si sta grattando il fondo del barile. L’Italia è sotto schiaffo perché per pagare i suoi servizi pubblici, le pensioni e gli stipendi del personale pubblico deve andare sui mercati internazionali. La banca centrale europea fa da garante e anche da acquirente. L’Italia ha perso la sua sovranità finanziaria. Per un governo con pulsioni patriottiche è questa la vera sfida.
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