L'Editoriale
Mercoledì 18 Ottobre 2023
L’Islam moderato non resti silente
MONDO. Uno degli effetti della carneficina perpetrata da Hamas in Israele e della guerra a Gaza potrebbe essere il risveglio del terrorismo islamico in Europa. I segnali ci sono già.
Lo si è visto con l’accoltellamento di un docente di liceo di Arras, nel Nord della Francia, da parte di un estremista di origine cecena e con l’assassinio di due tifosi svedesi a Bruxelles, colpevoli semplicemente di voler assistere a una partita di calcio. Il copione è noto. Comprende lo spargimento di sangue e la sua diffusione attraverso i social, in modo da terrorizzare l’opinione pubblica e invogliare azioni simili da parte di terroristi o fanatici. Può trattarsi di «lupi solitari», come forse lo era l’assassino neutralizzato ieri dalla polizia belga dopo una breve caccia, imbevuto di estremismo islamico, plagiato ideologicamente da chi manipola la cultura musulmana, suggestionato dai social e dai video che circolano in rete e che magari hanno come protagonisti predicatori di violenza e di morte.
Pronti a entrare in azione con ogni mezzo, dalla lama al kalashnikov a un camion che semina morte, come è accaduto a Nizza il 14 luglio 2016, o a Berlino, il 19 dicembre dello stesso anno. Oppure ci può essere un salto di qualità organizzativa: un gruppo «in sonno», come a proposito della strage a Charlie Hebdo o del Bataclan di Parigi, opportunamente addestrato e soprattutto manipolato dai cattivi maestri dell’islamismo. Vere e proprie cellule pronte ad agire con esplosivi e armi per perpetrare stragi sensazionali, salendo sul palcoscenico internazionale dell’orrore. L’attentato compiuto il 25 maggio 2014 a Bruxelles, con l’assassinio di quattro persone all’interno del museo ebraico, è uno di questi. In altri casi potrebbe trattarsi di reduci del Daesh (o Isis) sconfitti in Siria e Iraq, scampati alla morte e desiderosi di tornare su un campo di battaglia diverso, quello europeo, con altre forme.
Il vento del Califfato non si è estinto dopo la caduta di Mosul e di Raqqa. L’uccisione di migliaia di combattenti da parte delle truppe siriane e russe non ha fermato la macchina di morte jihadista. Esistono cellule armate che in Medio Oriente, in Asia e anche in Africa stanno cercando di ricostruire la rete dell’organizzazione che ha terrorizzato il mondo intero con i suoi video degli ostaggi sgozzati. O ancora i rivali di Al Qaeda, anch’essa sconfitta dopo la morte di quasi tutti i suoi capi, ma non definitivamente. Sempre all’insegna di quella che chiamano jihad, «guerra santa» e che in realtà è un mix di odio, violenza e potere giustificati dalle parole del Corano travisate e radicalizzate. Il terrorismo islamico è tutto questo: strumentalizzazione tradizionalista del Corano (come i talebani in Afghanistan) – insegnata in certe madrasse e in certe moschee - e violenza bestiale applicata con tecniche modernissime e diffusa attraverso l’uso sapiente dei social e di altri mezzi di comunicazione.
I massacri di Hamas e il contesto internazionale che stiamo vivendo possono aver galvanizzato i jihadisti di mezzo Continente. È il ritorno della strategia del terrore in Europa. Su cui naturalmente vigilano l’intelligence e le forze dell’ordine dell’Unione. La prevenzione e la caccia ai terroristi negli ultimi vent’anni si è affinata per esperienza e per una serie di direttive che hanno portato i corpi di polizia a scambiarsi informazioni. Resta inquietante però il silenzio dei vari imam moderati dell’Occidente. Sono la stragrande maggioranza: ma troppo sporadicamente chiariscono l’autentico messaggio di pace del Corano. Si vorrebbe che i responsabili delle comunità islamiche, anche se non possono parlare con una sola voce (non esiste un papa islamico, come è noto) si dissociassero apertamente e un po’ più diffusamente dalla violenza brutale e dalla cultura dell’odio degli integralisti e dei terroristi per evitare ogni ambiguità.
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