l’incognita
sul Colle
e le cene
di Casini

La proroga dello stato di emergenza dimostra che il governo teme che all’inizio del prossimo anno la quarta ondata della pandemia possa mettere a rischio quel tentativo di normalità di vita che stiamo sperimentando e, con esso, la ripresa dell’economia e dell’occupazione. Da notare che nei primi tre mesi del 2022 - il calendario lo conosceremo il 4 gennaio, come ha anticipato il presidente della Camera Fico - il Parlamento dovrà eleggere il nuovo Capo dello Stato: come non pensare che il Covid finirà per influire sulle decisioni
di partiti e grandi elettori?

Questo naturalmente vale soprattutto per la candidatura di Mario Draghi – mai espressa, ovviamente, ma nemmeno mai smentita – il cui ruolo di fronte all’emergenza viene ritenuta preferibile, stando ai sondaggi, da una larga parte dei cittadini ma anche da quelli che un tempo con stanca retorica avremmo chiamato «poteri forti» (che in pratica significa il sistema economico e finanziario nazionale e internazionale, i paesi alleati e in definitiva l’Europa presto guidata dalla Francia, la stessa Francia con cui Draghi ha firmato un trattato di amicizia e collaborazione) preoccupati dell’attuazione del Pnrr e dell’utilizzo dei suoi cospicui fondi.

Tutto questo per dire che Mario Draghi sembrerebbe inchiodato dalle necessità alla poltrona di palazzo Chigi, impossibilitato a trasvolare su verso quella più sontuosa del Colle più alto. A meno che, ma è ormai un’ipotesi di scuola, Mattarella non si convinca a rimanere un altro paio d’anni, il tempo di far concludere la legislatura, liberare Draghi e consentirgli finalmente di diventare il suo successore. Sarebbe l’ultimo atto di un ticket che finora ha funzionato molto bene e che ha salvato i partiti dalla loro impotenza in un momento di drammatiche necessità nazionali. Ma Mattarella non vuole, lo ha ripetuto fin troppe volte: difficile convincere un uomo come lui.

Certo l’elezione di Draghi è nei desideri di chi vorrebbe andare al voto subito per vincere le elezioni. Ma chi è oggi in questa condizione? Sostanzialmente solo Giorgia Meloni, data dai sondaggi al primo posto tra le forze politiche, mentre assai meno convinto oggi appare Salvini alle prese con un calo di consensi sia interni che esterni. Per riconquistare centralità ha provato ad assumere il ruolo di «regista» dell’elezione del Capo dello Stato contattando tutti i leader politici: il tentativo però non è riuscito granché, il capo della Lega si è sentito ripetere solo parole vaghe. Però è un fatto che il centrodestra, come ricorda Guido Crosetto, ha in mano il pallino della partita a patto di rimanere unito. Ci riuscirà? I disegni di Meloni e Salvini si comporranno? E la candidatura di Berlusconi sarà un puro omaggio alla bandiera o una cosa seria? E poi: cosa farà Renzi? Con i suoi parlamentari è in grado di fare l’ago della bilancia ma non è chiaro quale sarà la sua strategia.

Il Pd sospetta che il suo ex segretario voglia giocare insieme al centrodestra ma l’interessato avvolge in una nuvola di parole le sue vere intenzioni. Non a caso Enrico Letta continua a ripetere che il Presidente dovrà essere eletto «tutti insieme», Meloni compresa. Ma a parte che non è chiaro chi sia per la leader di Fratelli d’Italia «un patriota» degno di essere scelto, siamo lontanissimi dall’aver individuato il nome giusto. È proprio in questa nebbia che si continua a intravedere sullo sfondo la figura di Pier Ferdinando Casini. Che infatti sta zittissimo e si fa fotografare solo in allegre tavolate prenatalizie.

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