L’inchiesta in Liguria e i risvolti politici

ITALIA. È la seconda volta nella storia repubblicana che in Liguria viene arrestato il presidente della Regione. Successe agli albori di Tangentopoli, primi anni Novanta, con il socialista Alberto Teardo che fu fulminato all’istante dalle parole roventi di Sandro Pertini, allora Presidente della Repubblica.

Come Teardo anche Giovanni Toti coltiva(va) grandi ambizioni politiche: in entrambi la determinazione di assurgere un giorno al ruolo di leader dei rispettivi partiti. Toti, giornalista e direttore Mediaset, è stato a lungo coccolato da Silvio Berlusconi (che lo obbligò a dimagrire per presentarlo meglio alle telecamere e agli elettori) da fargli pensare che un giorno avrebbe potuto succedergli. Un sogno che l’inchiesta genovese per corruzione che lo ha portato agli arresti ha pesantemente infranto.

«Ma tante inchieste sono finite con un risultato diverso da quello con cui erano clamorosamente cominciate» dice il ministro della Difesa Crosetto mettendo le mani avanti rispetto ad un’altra, possibile iniziativa giudiziaria destinata a finire nel nulla. Come Crosetto, un po’ tutti gli esponenti del centrodestra, da Tajani a Salvini («anche io rischio la galera per aver impedito gli sbarchi, non basta un giudice per dire che una persona non è per bene») che ribadiscono il loro credo garantista e invitano ad aspettare le sentenze definitive prima di trarre un giudizio sul comportamento del potente governatore della Liguria, del suo capo di gabinetto (accusato di avere agevolato gli interessi di famiglie mafiose quando era sindaco di Porto Venere), dell’ad del gruppo Iren (ex presidente dell’autorità portuale genovese), dell’imprenditore Spinelli e di parecchi altri.

Difesa d’ufficio del tutto prevedibile e anche logica ma che dal punto di vista politico lascia uno spiraglio a importanti novità. Fratelli d’Italia, che pure è il partito di maggioranza in Regione, stava accettando senza troppo entusiasmo la volontà di Toti di correre per un terzo mandato da governatore alle elezioni previste per la fine del 2025.

Ora i Fratelli fanno intendere che, dopo il terremoto giudiziario, nulla è escluso, e che si potrebbe anche andare a votare anzitempo sciogliendo il Consiglio. Già si accavallano le ipotesi giuridiche sulla sorte dell’attuale assetto amministrativo della Liguria ma la sensazione è che in parte del centrodestra ci si cominci ad attrezzare ad una nuova stagione, ad un dopo-Toti ormai dato per inevitabile.

Tra l’altro le cronache locali dicono che FdI disporrebbe già di un buon candidato governatore, il vicesindaco di Genova. Lo scenario si potrebbe realizzare nel momento in cui le opposizioni unite chiedessero con un documento d’Assemblea le dimissioni dell’intera giunta: non si potrebbe escludere un voto congiunto tra sinistra e parte del centrodestra che azzererebbe la situazione. «Ma ancora è troppo presto per dire qualcosa» si trincerano così gli esponenti liguri del partito di Giorgia Meloni. Chi è in ebollizione sono le opposizioni che puntano il dito contro il «sistema Toti» di gestione del potere e chiedono di cambiare pagina.

C’è comunque il sospetto, dentro la maggioranza, che si tratti di un episodio di giustizia ad orologeria a poco più di un mese dalle elezioni europee di giugno: lo dice il ministro Lollobrigida esplicitamente, ma lo fa capire anche il Guardasigilli Nordio che richiama la sua quarantennale esperienza di pm per criticare indirettamente il comportamento della magistratura genovese. La quale, per bocca del Procuratore, risponde che gli arresti erano stati chiesti addirittura alla fine dell’anno scorso quando le elezioni erano ancora lontane. Un copione della politica che non smette mai di essere recitato sulla scena nazionale.

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