L'Editoriale
Giovedì 29 Dicembre 2022
L’europeismo a metà non fa bene all’Italia
Attualità. Tra le tante cose in scadenza a fine anno, finisce la possibilità di chiedere l’utilizzo per la sanità italiana delle generose disponibilità finanziarie del Meccanismo europeo di stabilità, Mes. È ben difficile sostenere che il nostro sistema sanitario non abbia bisogno di un investimento più consistente di quello del Pnrr, a tasso vicino allo zero, di una cifra fino a 36 miliardi.
Ma il sovranismo teme più le verifiche Ue sui soldi erogati che le liste d’attesa infinite per una Tac o l’incubo dei Pronto Soccorso in cui nessuno si augura di dover entrare, per il girone infernale in cui spesso va a cacciarsi. Niente Mes, Meloni lo ha giurato «a sangue» davanti a Bruno Vespa, perché va bene essere europeisti quando si va al governo ma non si possono rinnegare anatemi ancora freschi contro l’Europa matrigna, che dovrebbe sempre darti soldi a fondo perduto. Solo pochi mesi fa aveva definito la ratifica un atto di «alto tradimento».
Già il 16 gennaio il ministro dell’Economia dovrà dunque barcamenarsi tra richieste di flessibilità sul Pnrr offrendo in cambio solo l’ostruzionismo sul Mes. Eppure, assisteremo presto alla solita commedia all’italiana, perché è certo che alla fine il Mes verrà ratificato nella sua nuova versione anche dall’Italia. Basterà votare, ultimi tra 19 soci europei, la nuova versione, e al tempo stesso urlare a voce alta che mai e poi mai accederemo a quei soldi chissà perché maledetti. Bene quelli del Pnrr, che pure richiedono condizioni politicamente molto onerose, ma mai e poi mai questi del Mes.
Una bella acrobazia che pochi apprezzeranno in Europa, trovando in queste distinzioni la conferma di ciò che più l’Italia deve temere, e cioè la sua scarsa affidabilità, merce preziosa se vogliamo uscir bene dalle prossime prove del nuovo patto di stabilità e delle restrizioni della Bce, quella che in questi anni ha comprato il nostro debito per quasi 700 miliardi.
Il Mes ha 12 anni di vita, la sua gestazione risale ai tempi dell’ultimo governo Berlusconi (c’era il partito della Meloni) poi approvato da tutti. Quella da riapprovare in Parlamento è la nuova versione aggiornata, che contiene norme molto importanti in caso di difficoltà del settore bancario, con una rete di sicurezza (backstop) per il Fondo di risoluzione unico delle banche in crisi.
Con manifestazioni di piazza, quello che è diventato il primo partito italiano lo definiva un mezzo di salvataggio per le banche tedesche. Ammesso e non concesso, si continua a non capire che il bene comune europeo richiede che tutti stiano in salute. Il fatto che l’economia italiana sia andata meglio nel 2022 di quella tedesca è un bel record, ma della buona salute economica della Germania abbiamo bisogno come il pane. Chiedetelo ai tanti fornitori padani della sua industria.
Sta di fatto che il Mes l’hanno già ratificato tutti, anche la Germania ha superato i dubbi di costituzionalità e il governo Conte 2 ha già firmato. Ma occorre il sì di tutti i Parlamenti. Noi possiamo anche fare gli schizzinosi, ma il pregiudizio sullo scarso europeismo della nuova maggioranza finirebbe per penalizzarci su partite per noi vitali, a cominciare dal Pnrr, su cui già pende il dubbio della nostra non accettazione di condizioni chiave in materia di concorrenza e giustizia.
Come tutte le cose europee, anche il Mes non è qualcosa di estraneo, un mostro che incombe con la solita minaccia di «farci fare la fine della Grecia» (che in realtà oggi si è rimessa a posto grazie proprio all’Europa, così come gli altri Paesi che ne hanno usufruito: Irlanda, Portogallo, Spagna e Cipro). L’Italia ha versato 14 miliardi per farne parte, sui 700 di cui dispone, con garanzie da noi prestate per 125 miliardi. Il Mes è cosa anche nostra ed è lì, con la sua struttura aziendalistica, non burocratica (sta in un grattacielo a Bruxelles, con 200 dipendenti qualificati) a evitare il male di cui più l’Europa può soffrire, l’instabilità finanziaria.
Il Mes dovrebbe essere modificato, certo, ma in meglio, magari come strumento di quella stessa Europa che ha superato il tabù del debito comune. È questo il vero patriottismo da rafforzare, perché non si può essere europeisti a metà.
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