L’Europa unita
contro il covid

Il 27 dicembre 2020 è una data che può definirsi epocale. La scelta della Commissione europea di far partire contemporaneamente in tutti i Paesi dell’Unione la vaccinazione anti Covid19 ha un enorme valore simbolico, che trascende largamente l’elemento specifico della tutela della salute come bene primario delle persone. Il muoversi congiunto dell’Unione sul terreno di un diritto fondamentale dei cittadini incarna una svolta di importanza storica, che certifica il passaggio da un’Europa dei mercati e dei mercanti ad un’Europa garante dei diritti fondamentali. Nella quale tutti gli associati sanno di dover operare affinché tali diritti vengano resi effettivi attraverso una cooperazione tesa ad equilibrare gli scompensi, a favorire le politiche che integrino i processi di sviluppo e di tutela delle fasce più deboli.

Si può dire che il cammino che il Vecchio continente ha davanti sia rintracciabile nel secondo comma dell’articolo 3 della Costituzione italiana nel quale si afferma che «è compito della Repubblica rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale, che, limitando di fatto la libertà e l’eguaglianza dei cittadini, impediscono il pieno sviluppo della persona umane e l’effettiva partecipazione di tutti i lavoratori all’organizzazione politica, economica e sociale del Paese». Tale straordinario orizzonte – trasposto nel più vasto ambito europeo – delinea un rapporto nuovo e diverso tra gli Stati dell’Unione, ma soprattutto ipotizza una svolta epocale sia nel ruolo di guida che spetta già alle istituzioni comunitarie, sia nel ruolo che dovranno garantire i governi dei singoli Stati.

Non erano mancati, già dall’inizio della pandemia, segnali decisi e corposi – da parte di autorità mondiali ed europee – di una visione comune di intenti nei confronti della grande bufera che si stava abbattendo sull’intero pianeta. Organismi sanitari, finanziari, economici si sono mossi – nel solco delle rispettive competenze – quasi con una voce unica tesa a individuare la strada per vincere la battaglia contro il virus. L’azione comune e coordinata, nella distribuzione somministrazione del vaccino per le popolazioni dell’Unione europea, simboleggia la percezione che occorre marciare uniti nei criteri di intervento. Il Next Generation Eu - programma dell’Unione per il rilancio – è non soltanto un piano di sostegno dell’economie messe in crisi dalla pandemia, ma ha l’ambizione di diventare lo strumento di una più in generale opera di risanamento e di innovazione dei Paesi che ad esso faranno ricorso. Un programma sottoposto a rigorosi criteri di individuazione degli obiettivi, a verifiche della capacità degli Stati di utilizzare al meglio le risorse finanziarie, a valutazione dei risultati raggiunti.

L’annuncio di una sorta di mobilitazione generale di popoli, governi, istituzioni, soggetti privati in qualche misura può far ricordare la fase successiva al secondo conflitto mondiale. Allora l’Europa trovò negli Stati Uniti il soggetto in grado di sostenere lo sforzo dei singoli Paesi ad essi alleati. Oggi tale compito l’Unione europea si accinge a svolgere prevalentemente con le sue forze, con le istituzioni e gli organismi che ad essa fanno capo. Con l’ovvia sponda dell’azione che ognuno degli Stati saprà svolgere al suo interno e nell’ambito delle proprie competenze. Compito arduo, dal quale, però, non si può prescindere.

E «qui si parrà la vostra nobilitate» viene da dire, pensando all’onere e alle responsabilità spettanti a ciascun Paese. Per l’Italia è una scommessa decisiva. Che senz’altro potrà essere vinta. A condizione che tutti gli attori in campo – le istituzionali nazionale e territoriali, i «corpi intermedi», i soggetti privati, i singoli cittadini – facciano con rigore e senso di responsabilità la loro parte.

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