L’estremismo
della carità

C’è un solo estremismo efficace, l’unico che può essere ammesso, insieme esclusivo e assolutamente incomparabile: l’estremismo della carità. Papa Francesco a Bari indica la via e per la seconda volta usa un espressione potente che evoca la forza rivoluzionaria del Vangelo. Lo aveva già fatto tre anni fa nella Messa celebrata al Cairo, ma evidentemente non era bastato. E allora ripete, perché tutto può cambiare se quell’estremismo diventa pratica quotidiana e normale non solo per i credenti, ma anche l’intera comunità internazionale di fronte alla follia della guerra, dei conflitti dimenticati, delle migrazioni, dell’economia che divide e uccide.

L’estremismo della carità è in grado di respingere tutti gli altri: integralisti, identitarismi, sovranismi variamente declinati, nazionalismi e naturalmente jihadisti. Ci sono estremisti della carità che sono diventanti testimoni a tutte le latitudini del mondo. Forse non è un caso che sabato prima di partire per Bari Bergoglio ha autorizzato il riconoscimento del martirio di padre Rutilio, grande gesuita ucciso con altri due compagni dagli squadroni della morte in Salvador. Ha pagato per essere stato un estremista della carità. Come don Andrea Santoro, ucciso in Turchia, come padre Paolo Dall’Oglio sparito in Siria, mentre esercitava l’atto supremo di carità verso un popolo che ha amato moltissimo, come i due vescovi ortodossi di Aleppo anch’essi rapiti nel vortice di orrore e terrore del conflitto siriano. Folli, pazzi, uomini di Dio che avrebbero potuto sicuramente salvarsi e invece sono restati a testimoniare che la carità non permette di abbandonare né di lasciare indietro alcuno. Eppure pochi hanno fatto come loro. Sicuramente non si è comportata secondo la logica della carità la comunità internazionale che dimenticato Idlib, l’ultima città martire nel nord-ovest della Siria. Bergoglio è l’unico leader mondiale che parla, definisce il massacro di Idlib «immane tragedia» e scongiura, ripetendo ciò che aveva detto oltre 40 anni fa Angelo Roncalli, che la guerra è aliena alla ragione, perché è l’esito di scelte scellerate, di ipocrisie politiche, di ragionamenti d’odio già ascoltati negli anni Trenta, che «a me», ha tenuto a sottolineare Francesco, «fanno paura».

A Bari ieri ha riassunto, nel discorso ai vescovi del Mediterraneo, nell’omelia della Messa e nelle parole all’Angelus, l’analisi che dipana dall’inizio del Pontificato, sugli abissi del potere che trascinano nel loro vortice di interessi e di oblio chi chiede aiuto, chi bussa alle porte dei ricchi, chi disturba l a rocciosa autonomia di chi sta bene e non vuole fastidi. Ha riproposto il tema dello scontro di civiltà, che è tornato a fare proseliti con la narrazione falsa della presunta invasione di popoli ostili. E ha dimostrato che «l’inadempienza o comunque la debolezza della politica e il settarismo» sono le prime cause di «radicalismi e terrorismo». Ragionamento fin troppo chiaro, che disturba, perché illumina. Il primo estremista della carità è Jorge Mario Bergoglio.

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