L'Editoriale
Sabato 25 Marzo 2023
Legame naturale da salvaguardare
Attualità. È giusto registrare un bambino di una coppia omosessuale come figlio di entrambi e non solo del padre biologico? Questo garantirebbe la continuità educativa nel caso in cui il genitore biologico venisse a mancare. Quindi la registrazione all’anagrafe del bambino come figlio di due padri (senza specificare chi sia il padre biologico) è un modo per garantire al bambino la massima tutela legale.
Questa argomentazione parte dal fatto che tali figli esistono e non importa come si sono avuti o da dove vengano. Sappiamo però che questi bambini sono frutto della maternità surrogata, anche detta «gestazione per altri». Dove una donna ha prestato il suo utero e a volte anche il suo ovulo per far nascere questa creatura tramite la procreazione medicalmente assistita. Certamente sfruttare il corpo delle donne per dare la possibilità a coppie omosessuali o eterosessuali di avere un figlio non è una cosa giusta nei confronti di donne che sono in necessità, perché c’è sempre il rischio di sopraffazioni e abusi, ma soprattutto è un gesto violento nei confronti di un bambino privato intenzionalmente del legame con la sua mamma. Si cerca di motivare questa pratica dicendo che permette di dare un figlio a chi non può averne e consente di aiutare economicamente donne o famiglie povere.
Di fatto questo ha alimentato un mercato dove chi può permetterselo va in centri specializzati che consentono la scelta dei geni, la determinazione del sesso e di alcune caratteristiche somatiche del bambino in base al gradimento degli acquirenti. Ovviamente ci si aspetta che il bimbo nasca sano. In Italia l’utero in affitto e questa mercificazione della vita umana è vietata dalla Legge 40 del 2004. In più la Corte di Cassazione ha escluso la doppia paternità cioè la possibilità che un atto di nascita fatto all’estero, per un bambino nato da maternità surrogata, possa essere trascritto nei registri dello stato civile come figlio della coppia omosessuale. Per questo motivo il prefetto di Milano Renato Saccone ha chiesto al sindaco Giuseppe Sala di cessare l’iscrizione di nascite indicanti genitori dello stesso sesso.
Chi protesta in piazza parla di un «diritto al figlio» anche per le coppie omosessuali e lesbiche perché il desiderio di essere padri e madri non si può negare per legge. Sarebbe un uso autoritario del diritto civile per imporre valori non condivisi. Il riferimento è a chi ritiene che la famiglia deve essere quella formata da un uomo e una donna. È vero che non spetta al diritto, soprattutto in epoca di pluralismo etico, imporre norme che non rispettino sintesi sociali già condivise o comunque strutturalmente presenti nella convivenza attuale, questo compito è del Parlamento. Però al diritto spetta garantire che non si creino situazioni in cui, più o meno intenzionalmente, non vengano riconosciuti diritti certi delle persone. In questo caso i diritti del figlio a sapere chi è il proprio padre biologico e di per sé anche a sapere chi è la propria madre. Questo è sicuramente importante dal punto di vista medico, in caso di malattie genetiche per esempio, ma lo è anche dal punto di vista dello sviluppo psicologico. Sapere «Di chi sono figlio io?» è centrale per il costituirsi dell’identità personale, come lo è per la crescita avere due figure genitoriali diverse, una femminile e una maschile. Chi viene al mondo ha il diritto a maturare la propria affettività osservando il comportamento relazionale e affettivo tipico di un padre e una madre. Perché privare un bambino di questa ricchezza relazionale, solo per accondiscendere al desiderio di un adulto?
Pertanto il punto focale della questione è distinguere tra il diritto ad essere genitori dal diritto a essere figli come gli altri. Il primo diritto non esiste in senso assoluto, viene però rimesso alla discrezionalità del legislatore nazionale. Il secondo invece esiste e va riconosciuto fino in fondo, perché protegge il soggetto più debole. Ora a un bambino figlio di una coppia omosessuale non è garantita la stessa tutela che è garantita agli altri bambini? Si sta scaricando su di lui un diverso trattamento dovuto alla modalità con cui è stato concepito? Attualmente quando il padre biologico arriva in Italia con un bambino avuto da maternità surrogata lo iscrive all’anagrafe e da quel momento ha tutti i diritti e le tutele di qualsiasi altro bambino. L’altro «papà» può intraprendere la via indicata dalla Cassazione che è quella dell’adozione in casi speciali. La stessa procedura che vale per un uomo che sposa una donna con un figlio, che aveva già avuto da nubile. In questo modo il padre adottivo assume nei confronti del figlio del partner omosessuale la stessa responsabilità genitoriale del padre biologico. Se il diritto del figlio ad avere un padre e una madre è già stato violato, si può solo rimediare cercando di garantirgli una coppia di persone, che si prendano cura di lui.
Ma perché nascondere chi è il genitore biologico? Privare quel bambino del legame originario con il padre biologico, dopo averlo privato di quello con la madre, non sarebbe aggiungere altra ingiustizia nei suoi confronti? Lo Stato ha il dovere di tutelare tutti i figli, perché sono tutti uguali e hanno il diritto ad essere accuditi con responsabilità genitoriale, ma anche il dovere di rispettare quel legame che permetterà a un figlio di riconoscersi, anche fisicamente, in suo padre o in sua madre. Una comunità civile non dovrebbe garantire a chi nasce le migliori condizioni per affrontare la vita?
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