L'Editoriale / Bergamo Città
Mercoledì 18 Novembre 2020
L’economia inclusiva
del Papa è un’urgenza
Il 1° maggio dello scorso anno Papa Francesco inviò ai giovani economisti di tutto il mondo un messaggio con un incipit forte e chiaro: «Cari amici, vi scrivo per invitarvi ad una iniziativa che ho tanto desiderato: un evento che mi permetta di incontrare chi oggi si sta formando e sta iniziando a studiare e praticare un’economia diversa, quella che fa vivere e non uccide, include e non esclude, umanizza e non disumanizza, si prende cura del creato e non lo depreda». In quella stessa esortazione, così amorevolmente confidenziale e al tempo stesso energicamente inequivocabile, il Santo Padre
oncludeva fissando l’appuntamento ad Assisi dal 26 al 28 marzo 2020. La spaventosa irruzione pandemica e il conseguente periodo di lockdown non hanno reso possibile tutto ciò. L’evento è stato così ripensato in modalità digitale e avrà luogo, avendo sempre come epicentro Assisi, da giovedì a sabato prossimi. Cresce sempre più in queste ore l’attesa da parte di economisti, sociologi, filosofi e ambientalisti di tutto il mondo per questa iniziativa pontificia così straordinariamente inedita, denominata «Economy of Francesco», alla quale hanno già dato adesione oltre 2.000 giovani economisti under 35, di cui il 44% donne. Hanno annunciato con entusiasmo la loro partecipazione anche due economisti premi Nobel della levatura di Amartya Sen e Muhammad Yunus.
Un evento la cui valenza spirituale, sociale ed economica è acuita dal drammatico contesto pandemico che stiamo tutti subendo in gran parte del pianeta, con le note terribili conseguenze sanitarie e occupazionali, e che rende ancora più urgente una comune riflessione sulla decostruzione di schemi logici e strutturali oramai inadeguati al governo del presente e l’ideazione e la messa a fuoco di un vero e proprio nuovo processo economico. In questa prospettiva, al centro delle riflessioni dei partecipanti vi saranno certamente alcune frasi pronunciate dal Papa durante la prima crisi pandemica, come quella lapidaria e illuminante del 27 marzo scorso: «Nessuno si salva da solo», e ancora: «Pensavamo di rimanere sempre sani in un mondo malato».
Un’economia che mira essenzialmente all’accumulo, al consumo e allo spreco è alla base non solo di emarginazioni sociali e incremento delle povertà, ma diviene essa stessa causa del depauperamento di risorse naturali e dello stravolgimento di ecosistemi vitali. Da qui il richiamo pressante a promuovere attività che siano al servizio del bene comune e che si sviluppino nella prospettiva di «un’economia sostenibile». Qualche segnale comincia finalmente a fare breccia nelle sensibilità sociali collettive anche del nostro Paese. I dati del 10° rapporto «Green Italy», di Fondazione Symbola e Unioncamere, ci dicono che ci avviamo ad essere un Paese ai primi posti in fatto di economia circolare. Nel riciclo dei rifiuti, ad esempio, recuperiamo più della media europea e molto più della Germania, in quanto risparmiamo 21 milioni di tonnellate di petrolio ed evitiamo la dispersione nell’ambiente di 58 milioni di tonnellate di CO2. Vi sono 432 mila imprese che hanno investito negli ultimi cinque anni sulla green economy, occupando 3,1 milioni di lavoratori, e che si sono dimostrate più resilienti nel fronteggiare la decrescita. Segnali positivi giungono anche dall’Europa, dove la diffusa crisi sanitaria ha contribuito a far emergere un clima finalmente più solidale. Lo testimonia la decisione storica di stanziare circa 1.500 miliardi di fondi per contrastare la crisi e avviare la ripresa, attraverso la creazione di un debito collettivo che ha già consentito l’emissione di 10 miliardi di «eurobond» accolti con grande favore dal mercato. Ci sono poi il piano Green new deal e il fondo New Generation Ue che impegneranno mille miliardi nel decennio 2021-2030 con l’obiettivo di raggiungere la neutralità delle emissioni entro il 2050. Sono questi i primi giusti passi di un percorso lungo e scosceso da affrontare e superare tutti insieme, senza retorica, utilitarismi di casta e belle intenzioni di facciata. La luce in fondo al tunnel ce l’ha indicata Papa Francesco, invitandoci ad avere coraggio e ad agire in modo scandalosamente fraterno.
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