Le vere sfide di Macron saranno dopo le urne

Emmanuel Macron, dopo il primo turno delle presidenziali francesi,
è avanti solo di un’incollatura: per lui oltre il 28% delle preferenze, per Marine Le Pen, la rivale di tutti i pronostici, oltre il 23. Però è l’incollatura decisiva. Perché i socialisti, la destra gollista e soprattutto la sinistra radicale di Jean-Luc Mélenchon, arrivata a un solido 20%, hanno già dichiarato che al secondo turno appoggeranno il presidente, mentre solo la destra estrema di Eric Zemmour ha anticipato l’alleanza con Le Pen.

L’aritmetica, quindi, regala a Macron la prospettiva di una vittoria finale relativamente agevole. È il solito principio della politica francese, già visto in azione contro la Le Pen figlia come fu a suo tempo con Le Pen padre: di fronte alla prospettiva di una presidenza di destra, si forma in automatico il «fronte repubblicano» che nell’occasione, e solo in quell’occasione, supera differenze profonde per fare barriera a favore dell’ordine costituzionale. Cominciò Jacques Chirac a metà degli anni Ottanta e nessuno dei partiti storici si è finora sottratto alla chiamata. Tanto più in questa occasione, quando sulla Le Pen pesa non solo lo stigma della destra ma anche quello dell’amicizia vera o presunta con Vladimir Putin e dei finanziamenti (non enormi ma innegabili) a suo tempo ottenuti per il partito da una banca russa vicina al Cremlino.

È il solito principio della politica francese, già visto in azione contro la Le Pen figlia come fu a suo tempo con Le Pen padre: di fronte alla prospettiva di una presidenza di destra, si forma in automatico il «fronte repubblicano» che nell’occasione, e solo in quell’occasione, supera differenze profonde per fare barriera a favore dell’ordine costituzionale

Non vivremo le prossime due settimane e l’attesa del secondo turno, quindi, con troppa suspense. Vivremo però con curiosità il probabile secondo mandato di Macron, il più giovane e forse anche il più discusso presidente della storia di Francia. Perché in ogni caso le forze politiche anti-sistema, pur incapaci di produrre una proposta comune di governo del Paese ma anche una semplice alleanza di potere, sono andate in scioltezza oltre il cinquanta per cento dei voti: 23% per la Le Pen, 20% per Melenchon, 7% per Zemmour, più frange varie e sparse, il conto è presto fatto. La prossima presidenza Macron, quindi, più che quella della Repubblica contro le forze oscure del fascismo, potrebbe essere quella dell’establishment contro le classi popolari, dei garantiti contro i precari, dei centri urbani contro le periferie.

La prossima presidenza Macron, quindi, più che quella della Repubblica contro le forze oscure del fascismo, potrebbe essere quella dell’establishment contro le classi popolari, dei garantiti contro i precari, dei centri urbani contro le periferie.

Nelle analisi delle ultime settimane molti si sono concentrati sulla proposta macroniana di alzare l’età pensionabile da 62 a 65 anni («Dobbiamo lavorare di più, come in Italia», aveva detto il presidente con una frase a effetto), considerata tanto ragionevole per il bilancio dello Stato quanto indigesta per milioni di francesi. Sulla bilancia, però, va messa anche la situazione particolare generata dall’invasione russa in Ucraina, che ha consentito a Macron di saltare a piè pari la campagna elettorale e le sue trappole in nome della ragion di Stato e della missione pacificatrice che ha innalzato il suo rango a quello di statista internazionale.

Ma se vogliamo osservare il passato del primo mandato per leggere il futuro del secondo, dobbiamo tornare alla crisi dei gilet gialli. Quando Macron, in nome di una transizione ecologica inevitabile ma cara e sostenibile, appunto, per i «garantiti», aveva compromesso il rapporto con la piccola borghesia dei commerci, degli impieghi e delle pensioni, sulla quale si scaricavano appunto i costi del cambiamento. Il movimento si era poi perso nelle provocazioni e nelle pulsioni violente, ma questo ha stroncato la protesta, non certo le ragioni che l’avevano generata. La guerra in Ucraina prima o poi finirà, e con lei anche la «licenza» a volare alto. Poi, anche per Macron, sarà di nuovo gestione della nazione. E lì il fronte repubblicano non basterà.

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