L'Editoriale
Domenica 11 Ottobre 2020
Le persone miti
modello attuale
La cronaca nera in Italia è un genere giornalistico che ha ampio spazio, molto più di quanto accada in altri Paesi europei. Nei quotidiani ma soprattutto in televisione, che dedica a delitti e violenze talk show specializzati e approfondimenti nelle trasmissioni pomeridiane. Quanto più il fatto ha i contorni del giallo, tanto più viene narrato nei particolari e tiene banco per giorni. Alcuni studi dimostrano che gli spettatori di queste truci scenografie sono anche i più esposti al senso di insicurezza. E come potrebbe essere diversamente se la rappresentazione del reale che più attira è sempre quella fosca? Ci sono però notizie che raccontano le bella Italia, anche quando il contorno è tragico. Giovedì scorso sono stati liberati in Mali padre Pierluigi Maccalli, rapito in Niger due anni fa, il turista italiano Nicola Chiacchio, una cooperante francese e un ex ministro dello Stato africano. Rapimento, sequestro e liberazione sono avvenuti in una delle aree ormai più pericolose del mondo, abbandonata alla furia jihadista a cavallo tra Burkina Faso, Niger e appunto Mali.
Padre Pierluigi Maccalli, cremasco, è una figura umana speciale: missionario in Costa d’Avorio per molti anni, si era speso anche per contrastare le pratiche cruente legate alle culture tradizionali, come la circoncisione e l’escissione delle donne. In Niger è arrivato nel 2007 e si è dedicato all’opera missionaria presso il popolo gurmancé, nell’annuncio del Vangelo, nell’organizzazione delle piccole comunità cristiane, nella costruzione di scuole rurali e ambulatori medici, nella promozione femminile e nello scavo di pozzi nei villaggi disseminati sul territorio della parrocchia di Bomoanga. Uno dei diecimila missionari italiani nel mondo, capaci di cambiare e sostenere piccole comunità nei luoghi più impervi grazie alla forza della fede e ad un’umanità contagiosa. Cosa può fare un uomo da solo quando è mosso dal bene e dagli ideali...Eppure della sua esistenza ne siamo venuti a conoscenza solo perché è stato rapito.
Mercoledì scorso invece il presidente della Repubblica Sergio Mattarella ha conferito una medaglia al Valore civile a Willy Monteiro Duarte, 21 anni, ucciso a calci e pugni a Collefiorito (Roma) nella notte tra il 5 e il 6 settembre scorsi mentre cercava di sedare una rissa nella quale era coinvolto un amico («Luminoso esempio, anche per le giovani generazioni, di generosità, altruismo, coraggio e non comune senso civico, spinti fino all’estremo sacrificio» scrive il Quirinale nelle motivazioni). Una medaglia al Merito civile è stata invece assegnata a don Roberto Malgesini, il prete di strada di 51 anni ucciso il 14 settembre a Como da un senzatetto che aiutava. La motivazione del Quirinale per il riconoscimento al sacerdote ricalca nello spirito quella al giovane di origini capoverdiane. I due delitti sono avvenuti a pochi giorni di distanza uno dall’altro e le vittime, nella loro diversità, avevano in comune la mitezza e il coraggio.
Il valore dei tributi del capo dello Stato non è la medaglia, ma indicare all’Italia due modelli di vita, civile e religiosa, tesa al bene. La stessa famiglia di Willy ha mostrato un comportamento ammirevole nello strazio del lutto, chiedendo giustizia e non vendetta per l’uccisione vigliacca del figlio. Nel nostro Paese incattivito e spesso spocchioso, che pretende di insegnare anche agli esperti le vie di uscita dalle situazioni di crisi, che concepisce la vita come un ring dove competere sgomitando e prevalicando, talvolta scivolando nella violenza verbale e fisica verso il prossimo concepito come un ostacolo se non un nemico, c’è invece chi opera per il bene proprio e della comunità. Persone così non sono rare, anzi, ma non fanno notizia perché stanno al loro posto. Non vogliono insegnare ma imparare.
Tra chi ha pianto la morte di don Roberto c’erano anche amministratori che lo avevano multato per la sua opera di vicinanza al prossimo o emesso ordinanze di sgombero dei «suoi» poveri, insopportabili alla vista. Forse erano lacrime di rimorso. Nella prefazione alla Via Crucis del 2018 il prete di strada scriveva: «Non esiste il benefattore e il bisognoso di aiuto. Esistono solo la fraternità, la cura e l’affetto reciproci». Una vita in poche, grandi parole.
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