Le lezioni del Covid a partire dall’umiltà

ITALIA. Da subito, dopo le prime settimane di questa catastrofe, ci siamo chiesti se saremmo sopravvissuti alla pandemia e, se sì, quando sarebbe finita

È stato abbastanza facile dichiarare quando è iniziata, meno decretare la sua fine. Non esiste una definizione universale dei parametri epidemiologici della fine di una pandemia o meglio, sarebbero necessari 40 giorni consecutivi senza nessun contagio, senza malattia o con una copertura totale di vaccinazioni. Ma ciò non è ancora avvenuto e non succederà nemmeno a breve. Tuttavia, le pandemie respiratorie del secolo scorso sono finite con la ripresa della vita sociale, non con il raggiungimento di obiettivi epidemiologici specifici. I ricercatori hanno esaminato le pandemie del passato. L’influenza spagnola del 1918 non è finita nel 1918; non più di quanto l’influenza asiatica del 1957 sia finita nel 1957; non più di quanto l’influenza di Hong Kong del 1968 sia finita nel 1968.

Noi possiamo dirlo molto meglio: come un periodo straordinario in cui la vita sociale è stata stravolta, la pandemia di Covid-19 è finita. I veri indicatori sono l’azzeramento mediatico sull’argomento e la decisione che altre questioni sono ancora degne della nostra attenzione. A differenza del suo inizio, la fine della pandemia non ha dovuto essere né teletrasmessa e nemmeno telecomandata.

Ma una terza domanda ha bisogno di una risposta: che eredità ci lascia il Covid? Sono in molti a dire che il mondo è cambiato per sempre, che molti individui sono cambiati, che i nostri obiettivi e le priorità di vita sono cambiate. Speriamo, perché il mondo aveva bisogno di questi cambiamenti. Provo a dirvi alcune «lezioni» che il Covid ci ha lasciato come eredità.

Innanzitutto, lezione numero uno, ci ha insegnato che le maschere sono strumenti utili, non solo nelle gravi pandemie, ma anche per rallentare l’incidenza di malattie stagionali. I medici, che in sala operatoria le indossano sempre, lo hanno sempre saputo. Ora lo abbiamo imparato tutti e il prossimo inverno, prima di subire inutili e pericolosi picchi influenzali, le useremo.

La lezione numero due riguarda i vaccini: il Covid ci ha insegnato che sono strumenti potenti. Senza di essi non ne saremmo usciti. Ad alcuni non piace l’idea degli effetti collaterali. Ma vi assicuro che gli effetti collaterali da Covid, oltre il suo tasso di mortalità, sono stati peggiori.

La lezione numero tre è relativa alla connessione umana: la solidarietà e la tecnologia sono essenziali. Molti di noi si sono resi conto di quanto abbiamo bisogno delle altre persone, molti sono riusciti a mantenere le loro connessioni sociali, anche se hanno dovuto usare la tecnologia per tenersi in contatto. Attraverso la tecnologia siamo stati vicini senza contagiarci, con Internet abbiamo informato giorno dopo giorno di ciò che aiutava a curare le persone e di ciò che non serviva. Ci siamo parlati e ci siamo radunati senza contagiarci. Questa è la testimonianza chiara di come, attraverso la telemedicina, si possa magnificare la nostra azione e prenderci cura di tutti, ricchi e poveri (non il complesso canoro), vicini e lontani, deboli e non. Una sorta di eguaglianza sanitaria.

Infine, la quarta e ultima lezione: gli scienziati e non hanno appreso che un virus può essere più potente di loro. Abbiamo visto che dobbiamo prendere sul serio il problema delle infezioni future. La gente, impaurita, da subito ha voluto risposte certe. Non funziona così. Noi abbiamo fatto del nostro meglio con le conoscenze che avevamo, abbiamo giorno dopo giorno aumentato le conoscenze di una malattia sconosciuta e abbiamo vinto. Ma è un processo difficile, lungo, e ha bisogno che si possa dire, ogni tanto con grande serietà e umiltà: «Non lo so. Stiamo imparando mentre procediamo».

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