L'Editoriale
Domenica 22 Dicembre 2024
Le destre nel mondo e i problemi del mercato
MONDO. Ha fatto notizia - e a qualcuno ha fatto scandalo - che alla festa di Atreju l’ospite d’eccezione sia stato il presidente dell’Argentina Javier Milei. Che ci fa - si sono chiesti in molti - un anarco-capitalista alla festa di FdI, una destra che si dichiara sociale?
Milei con la sua motosega sta tagliando uno dopo l’altro tutti i rami dello Stato argentino. La sua parola d’ordine è liberalizzare, liberalizzare, liberalizzare: beni e servizi, licenze e dogana, norme e autorizzazioni. L’intento è smagrire lo Stato, togliergli competenze, abbattere le spese, riportare al privato le funzioni economiche di cui il pubblico s’è impadronito con grave danno delle casse statali.
Fratelli d’Italia, viceversa, sulle orme della destra neofascista italiana, la cui storia rivendica, esalta la funzione dello Stato. Lo considera la leva irrinunciabile non solo per correggere le storture del mercato, ma anche per indirizzare l’economia e per proteggerla dalla concorrenza estera. Più di una volta, Meloni ha minacciato di ricorrere al golden power per impedire l’acquisizione di un’azienda italiana, considerata strategica per la nazione.
Le due destre a confronto
Non è l’unica differenza che separa le due destre. Milei punta a risvegliare gli animal spirits dell’individuo, Meloni punta sulla nazione per il riscatto dell’Italia. Anche questa non è una differenza di poco conto. Se poi allarghiamo lo sguardo all’intero panorama di quella che chiamano l’Internazionale di destra, scopriamo che anche qui le divergenze sono la regola. Orban è filo-putiniano, Meloni filo-atlantica. Milei è per la liberalizzazione del commercio mondiale, Trump per il protezionismo, solo per ricordare i casi più eclatanti.
Il mercato è diventato il cavallo di Troia delle economie in rapida espansione del fu Terzo mondo, le famose tigri asiatiche (in prima linea la Cina), che hanno cominciato ad inondare con i loro prodotti a buon mercato le economie occidentali. È allora che il liberismo ha ceduto il passo al sovranismo, il mercato all’introduzione di dazi
La situazione economica
Il problema della destra è il mercato. C’è stato un periodo in cui questo ha goduto del pieno favore dei partiti conservatori. Margaret Thatcher e Ronald Reagan ne sono stati i cantori. Il mercato era indicato come il toccasana per il rilancio di un’economia stagnante, le liberalizzazioni, il rimedio per alleggerire il fardello di un welfare divenuto troppo pesante e per mettere i privati cittadini liberi di realizzare le proprie aspettative. Più mercato=più libertà=più crescita.
Tutto è filato liscio finché non è intervenuta la globalizzazione a insidiare le economie occidentali. A questo punto, il mercato è diventato il cavallo di Troia delle economie in rapida espansione del fu Terzo mondo, le famose tigri asiatiche (in prima linea la Cina), che hanno cominciato ad inondare con i loro prodotti a buon mercato le economie occidentali. È allora che il liberismo ha ceduto il passo al sovranismo, il mercato all’introduzione di dazi. Il caso più clamoroso dei danni che provoca la libertà di commercio è quello dell’automotive. La Cina nel 2000 produceva il 4% del totale mondiale delle auto. Nel 2023 è arrivata al 32%. Detiene per di più la quota maggiore del mercato delle auto elettriche.
Non c’è da temere, quindi, che Meloni adotti le ricette di Milei. Argentina e Italia si trovano a fronteggiare due sfide ben diverse. Il Paese sudamericano deve liberarsi da uno statalismo e assistenzialismo pubblico che ha prostrato insieme alle casse dello Stato anche l’economia, con un’inflazione balzata a oltre il 200%. Anche la società più vitale soffocherebbe. Non c’è bisogno di credere alle assicurazioni date da Meloni di non farsi dettare le ricette dai suoi amici. Prima della sua lealtà, vale l’interesse prioritario dell’economia nostra, come di quella di tutta Europa, che non può fare a meno dello Stato per salvaguardare la sua tenuta e possibilmente una sua crescita.
© RIPRODUZIONE RISERVATA