L'Editoriale
Sabato 04 Febbraio 2023
Le colpe ucraine cattivo dibattito
Mondo. Il quadro si compone. Peraltro era già visibile da mesi per chi avesse studiato il punto di vista del Cremlino. Giovedì scorso Vladimir Putin ha celebrato gli 80 anni dalla vittoria dell’esercito sovietico a Stalingrado, che segnò l’inizio del declino della follia di Hitler.
Il presidente russo ha attualizzato la storica affermazione con queste parole: «Siamo nuovamente minacciati dai seguaci di Hitler, i banderiti», riferendosi ai presunti eredi dell’ultranazionalista ucraino e collaboratore dei nazisti Stepan Bandera. L’«operazione militare speciale» avviata quasi un anno fa invadendo uno Stato confinante, sovrano e indipendente, è stata venduta all’opinione pubblica russa come «denazificazione». Una bugia ingiuriosa di un popolo, che ha attecchito però anche in Italia. La storia come arma di propaganda. Bandera durante la Seconda guerra mondiale appoggiò i tedeschi, una collaborazione strumentale per ottenere l’indipendenza dell’Ucraina dall’Unione Sovietica, e fu poi incarcerato dagli stessi nazisti.
Il nostro Paese non è però il pulpito migliore per fare prediche: Mussolini si alleò con Hitler e ancora oggi gruppi di nostalgici celebrano il Duce a Predappio e a Salò. Anche l’Italia si può quindi ritenere uno Stato hitleriano? Eppure nei nostri talk show sedicenti esperti parlano impunemente di «governo nazista di Kiev». Alle ultime elezioni parlamentari ucraine, nel 2019, il cartello di partiti di estrema destra ha raccolto il 2,3% dei consensi e non ha alcun rappresentante nella Duma. Lo stesso Parlamento nel 2015 approvò una norma che ha messo fuorilegge le organizzazioni politiche naziste.
Ma il processo di colpevolizzazione degli aggrediti non si ferma qui. La Nato, con la quale Kiev ha una rapporto di partnership previsto dallo statuto della stessa Alleanza, viene accusata di aver provocato quando non cercato la guerra. L’organizzazione può essere tacciata di imprudenza o di leggerezza ma la responsabilità ultima dell’invasione non può essere risparmiata al Cremlino, che aveva altri strumenti per far valere le sue vere o presunte ragioni. Peraltro Mosca si avvicinò all’Alleanza negli anni 2000, fino alla costituzione del Consiglio di sicurezza e cooperazione Russia-Nato nel 2002, poi sciolto in seguito alla guerra russa in Georgia e all’annessione illegale della Crimea nel 2014.
Ancora nei talk show, ma anche nei social, è diffuso il livore verso il presidente ucraino Volodymyr Zelensky, definito in un crescendo di insulti, «comico» (per il suo passato di attore; anche in Italia però c’è un comico che ha fondato un partito al governo per cinque anni), «guerrafondaio», «nazista» e «criminale». Quest’ultimo epiteto è stato emesso da un vignettista che nei suoi disegni rappresenta l’ebreo Zelensky con il naso adunco, secondo uno stereotipo antisemita che ha provocato l’indignazione della Comunità ebraica di Roma. Il livello tossico e disinformato del dibattito è un problema per l’Italia, il segno di una deriva culturale che ci dovrebbe preoccupare, soprattutto se ospitato dalla tv pubblica. Le critiche sono legittime, quando informate e civili.
Ma è quantomeno curioso che il punto di vista del Cremlino non venga preso in considerazione. Dai saggi degli ultranazionalisti russi che già negli anni ’90 definivano l’Ucraina «un non Stato», concetto ripreso da Putin in un saggio del 2001 con un’aggiunta («un non Stato, parte della Russia»). Al rimpianto dello stesso zar per i fasti imperiali, quando in più occasioni ha detto «la fine dell’Urss è stata la più grande tragedia geopolitica del ’900». Non a caso il presidente ha riabilitato la figura di Iosif Stalin, che nel 1932-’33 fu l’artefice della carestia indotta in Ucraina nella quale morirono 5 milioni di contadini e rappresentanti delle élite di Kiev. La propaganda di Mosca è impegnata a rappresentare l’invasione come una sorta di secondo tempo della guerra al nazismo, con il supporto della Chiesa ortodossa: «Il successo dei nostri padri e nonni ispiri ancora i nostri coraggiosi soldati» ha detto giovedì scorso il Patriarca di Mosca Kirill. Che ci sia chi in Italia casca in queste menzogne colpevolizzando le vittime è un problema serio. Per noi innanzitutto.
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