Le cause dell’inflazione e il rischio di arrivare in ritardo con i rimedi

Perché l’inflazione arriva proprio adesso? L’espansione monetaria è iniziata già nel 2008 e poi è esplosa dal 2011 in poi. Tassi zero, acquisto di titoli, Ltro, cioè finanziamenti alle banche finalizzati ai prestiti alle imprese, ma il temuto (o desiderato?) effetto sui prezzi non c’era stato. E così le banche centrali continuavano allegramente a pompare liquidità nell’economia. Prima o poi, lo squilibrio fra moneta disponibile e beni e servizi da comperare doveva spingere i prezzi verso l’alto. Questo momento è oggi. Dopo avere negato il fenomeno, dopo averlo definito temporaneo, le Banche Centrali e i governi riconoscono che l’inflazione, ancorché moderata, è qui per rimanere.

Avrebbe potuto succedere cinque o dieci anni fa e invece succede oggi. Fino a ieri la nuova moneta versata nelle principali economie mondiali ha trovato dove defluire senza causare un aumento generalizzato dei prezzi, cioè senza far perdere valore alla moneta stessa. Essa incontrava una massa crescente di beni offerto soprattutto dalle economie emergenti, o presunte tali. Erano beni di largo consumo o strumentali a basso costo perché le condizioni di produzione in quei Paesi sono molto economiche. Un’altra porzione importante della nuova liquidità è andata a gonfiare le quotazioni azionarie e obbligazionarie.

Qui il canale era più diretto. Partendo dalle Banche centrali che la emettevano, la moneta andava immediatamente nei mercati, innalzando i prezzi delle obbligazioni a livelli che molti giudicano inverosimili (ma nondimeno persistenti). Perfino i titoli a lunghissimo termine di un Paese ultraindebitato come il nostro valgono oggi quanto restituiranno, a valore nominale, fra dieci o quindici anni. Il mercato azionario ha beneficiato indirettamente della creazione monetaria. Si tratta di un’altra forma di inflazione, diversa dal costo della vita, meno percepibile e in apparenza meno dannosa, ma in realtà non meno perniciosa. Oggi i mercati finanziari danno chiari sintomi di essere ai massimi e di non voler andare molto oltre questi livelli.

Il fatto nuovo nella storia dell’inflazione dei prezzi non è tanto la pandemia quanto uno dei suoi effetti indiretti e collaterali: l’interruzione delle filiere produttive e distributive. La quantità dei beni da acquistare si è fatta scarsa per un fattore esogeno e, forse, temporaneo come l’indisponibilità dei microchips, la fermata di fabbriche di componenti di varia natura in giro per il mondo, l’insufficienza dei noli per il trasporto di materie prime, semilavorati e prodotti finiti. Perfino per l’assenza dal lavoro del personale in quarantena. Ecco il presupposto decisivo per l’aumento dei prezzi di qualunque cosa non sia disponibile immediatamente, la molla che fa scattare la richiesta di aumenti per qualunque cosa. Se volete aggiungete pure una componente speculativa che si innesta su queste carenze (ma sarebbe meglio definirla approfittatoria). Dunque il combustibile dell’inflazione (l’abbondanza monetaria) incontra il comburente (la scarsità dei beni da acquistare), e la scintilla dell’interruzione delle catene produttive e distributive innesca la fiamma.

L’inflazione dei prezzi, quindi l’aumento del costo della vita, è destinato a rimanere? Le filiere produttive prima o poi si normalizzeranno, le materie prime torneranno a circolare, il gas fluirà di nuovo. Ma i prezzi non torneranno dov’erano sei o nove mesi fa. Forse rallenterà o cesserà il tasso di aumento dei prezzi, ma una delle cose brutte dell’inflazione è che si autoalimenta proprio come certi incendi, perché nei comportamenti degli operatori, consumatori e produttori, entrano le aspettative di inflazione. Non ci stupiremo più se il caffè, il pane o un paio di scarpe costeranno un po’ più dell’anno scorso. Lo tollereremo e quindi in qualche modo incentiveremo i produttori a fare nuovi aumenti.

Il rimedio? Sarà una stretta monetaria, quella manovra così delicata e pericolosa che le Banche Centrali oggi non hanno il coraggio, o la possibilità, di effettuare. Forse sarà troppo tardi.

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