Le bugie di Trump, quello stop di Macron

MONDO. Le immagini, tanto più nella nostra epoca poco propensa alla lettura lunga e approfondita, possono dire più delle parole. Lunedì scorso durante la conferenza stampa alla Casa Bianca, Emmanuel Macron ha smentito pubblicamente Donald Trump, seduto al suo fianco, sulle affermazioni riguardo ai fondi europei a sostegno dell’Ucraina.

La correzione è stata preceduta dalla mano posta sul braccio del presidente americano dall’omologo francese. Nel tentativo di giustificare la proposta degli Stati Uniti sulle cosiddette «terre rare» di Kiev come condizione per continuare a ricevere gli aiuti statunitensi, Trump ha detto che l’Europa sta semplicemente «offrendo prestiti all’Ucraina» piuttosto che un appoggio finanziario diretto e che li «riavrà indietro, noi no». Macron, toccando appunto il presidente americano sul braccio per esser certo di interromperlo, ha replicato: «Non è come dici tu. Ad essere sinceri abbiamo pagato il 60% degli aiuti, attraverso prestiti, garanzie e sovvenzioni. Abbiamo fornito soldi veri, per essere chiari». Il sostegno dell’Ue a cui ha fatto riferimento il capo dell’Eliseo ammonta a circa 138 miliardi di dollari. Non solo armi ma finanziamenti per garantire assistenza a uno Stato colpito nei suoi gangli vitali, come sistema sanitario, infrastrutture industriali e centrali elettriche. Nell’epoca del «tutto è vero, nulla è vero» e dei «giornalisti servi del potere», ognuno ha la libertà e la possibilità di verificare dove sta la ragione.

Usa, lo sfruttamento delle risorse di Kiev

Trump non è nuovo a bugie e il suo sodale Elon Musk è pur sempre il proprietario di «X» che secondo diverse ricerche è il social che più diffonde fake news. Il presidente degli Stati Uniti ha detto che il gradimento di Volodymyr Zelensky è al 4%, mentre secondo l’Istituto internazionale di sociologia di Kiev è al 57% (era al 90% all’inizio dell’invasione), salito al 71% dopo che nei giorni scorsi il capo della Casa Bianca ha definito lo stesso Zelensky «dittatore». Non è dato sapere a cosa miri il tycoon con questa tattica verbalmente aggressiva che sposa le tesi infamanti di Vladimir Putin anche sulle responsabilità dell’invasione russa su larga scala e dei vasti, documentati crimini commessi su un popolo. Intanto passa all’incasso economico: a breve verrebbe sottoscritta l’intesa per garantire agli Usa lo sfruttamento per un valore di 500 miliardi di dollari delle vaste e preziose risorse minerarie ucraine (particolarmente strategiche per settori quali difesa, transizione ecologica ed aerospazio) a fronte di finanziamenti erogati in tre anni per 114 miliardi di euro, il 60% a onor del vero a fondo perduto. In virtù dei rapporti di forza, Washington vuole imporre tassi da usura.

Una intesa umiliante per Kiev

Siamo rassegnati all’evidenza che non esisterebbero paci giuste e infatti il mondo prolifera di conflitti che si erano finalmente chiusi ma con paci ingiuste. Ad oggi per la martoriata Ucraina si profila però l’imposizione di un’intesa umiliante. Peraltro almeno il 40% dei giacimenti di carbone, petrolio, gas naturale, metalli e litio è nel 20% di territorio che la Russia si è annessa militarmente e illegalmente con una firma di Putin nel settembre 2022.

L’Onu e il rapporto tra Mosca e Tel Aviv

Ma questa è l’aria. Intanto lunedì l’Assemblea generale dell’Onu ha approvato due risoluzioni degli Stati Uniti per la fine del conflitto. La prima, emendata, è stata approvata con 93 sì, compreso quello italiano, 73 astensioni, una della Russia, otto no. Washington non si è rassegnata e ha ripresentato al Consiglio di Sicurezza la risoluzione originaria. Gli europei l’hanno lasciata passare con l’astensione. Da notare che il primo documento ha raccolto il consenso anche di Israele. Infatti, a discapito delle apparenze, nonostante Mosca si erga a paladina della causa palestinese con l’Iran e altri Stati del cosiddetto «Sud globale», non ha mai rotto la sua salda alleanza con lo Stato ebraico. Il governo Netanyahu non ha aderito alle sanzioni contro la Russia, non ha concesso a Kiev i sistemi anti missile richiesti per proteggere il proprio (proprio) territorio dai bombardamenti quotidiani su abitazioni e infrastrutture civili (dispone solo di sette dei 25 necessari), ha rifiutato la visita di Zelensky a Tel Aviv dopo il massacro di Hamas del 7 ottobre 2023. Il primo ministro israeliano non si è mai recato a Kiev ma una decina di volte a Mosca negli ultimi anni. Sì, la realtà è complessa.

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