Le attese dei poveri, una voce da ascoltare

IL COMMENTO. Immagino che Federico Caffè torni. Docente di Economia politica alla Sapienza, contribuì alla stesura della parte sull’economia della Costituzione, maestro di Mario Draghi, Ignazio Visco e Ezio Tarantelli, che verrà ucciso dalle Brigate Rosse nel 1985. Cosa direbbe della decisione di abolire il reddito di cittadinanza? Lo scopo della politica è servire le persone, a cominciare da chi ne ha più bisogno.

Avere il «senso dello Stato» vuol dire certo far funzionare le istituzioni, ma prima ancora che nessuno va lasciato indietro. Tutti devono essere aiutati a rimettersi in piedi quando sono in difficoltà e ristrettezze economiche. Questo non è assistenzialismo. La dignità viene dal lavoro e se c’è un diritto è quello che ciascuno possa vivere felicemente del proprio lavoro, provvedendo a figli e famiglia. Non si rende felice una persona dandogli un sussidio o promettendogli aumenti in busta paga, ma garantendogli un lavoro adeguato alle sua capacità, prospettando un percorso di realizzazione professionale e personale. Il lavoro è parte della realizzazione di sé, è il nostro modo di prenderci cura del mondo. In Italia c’è la questione dei «lavoratori poveri»: persone che pur lavorando, hanno un reddito inferiore o pari a 11mila euro. Uno su cinque.

Più che di salario «minimo» sarebbe meglio parlare di salario «degno». C’è poi chi non può lavorare o non riesce più a inserirsi nel mondo del lavoro, anche queste persone sono parte viva della nostra società. La loro attività, senza essere lavoratori stipendiati, è spesso preziosa per l’assistenza domiciliare e il volontariato. Dobbiamo pensare anche a coloro che, non per cattiva volontà, ma per inadeguatezza o carenze relazionali, non riescono proprio a svolgere o mantenere un lavoro. Le politiche economiche del governo se non sono per il bene di tutti creano inevitabilmente ingiustizie e disuguaglianze. Se lo Stato democratico non è garante di benessere sociale e di uguaglianza di possibilità, non è più a servizio del popolo.

Caffè era molto critico sul capitalismo finanziario, per lui possedere un capitale doveva già essere un impegno a produrre, aveva addirittura lanciato la proposta - in forma provocatoria - di «socializzare» la Borsa. Oggi ci troviamo di fronte a una finanza globale che è un mostro senza testa, capace di divorare risparmi e beni personali (vedi i mutui sulla casa) e mettere in ginocchio Stati e economie nazionali. La finanza deve riscoprire la sua originaria destinazione che è il servizio all’economia reale. Creare valore, facendo circolare i capitali, può generare una circolarità virtuosa di ricchezza da investire. Non deve invece ridursi ad attività di «rent-seeking», ricerca di rendite immateriali, che vanno a rimpinguare fondi di cui non si sa chi siano i detentori. Bisogna uscire dalla mentalità del profitto a breve termine e puntare su strategie di crescita e sostenibilità a lungo termine, dove anche le fluttuazioni del mercato possono essere assorbite. Uno dei rischi maggiori per le imprese è di dover rispondere esclusivamente a chi investe, agli azionisti, perdendo di vista il valore sociale che esse rappresentano per il territorio. Il buon funzionamento della finanza dipende dagli uomini e donne d’affari, se si lasciassero guidare dalla virtù della magnificenza, che non è dare in beneficienza, ma la capacità di investire grandi somme in grandi opere a favore del bene comune. Destinare fondi da chi ne ha in eccedenza a chi è nel bisogno non è un cattivo affare, è costruire un tessuto sociale più coeso e stabile. Non si fa buona finanza con cattiva etica.

L’inflazione a luglio è continuata a crescere dello 0,1. L’Unione nazionale consumatori calcola che una coppia con due figli verrà a pagare 1.725 euro in più in un anno. Caffè si contrappose all’idea che l’immissione di moneta, da parte delle banche centrali, avrebbe permesso il controllo dei prezzi. Invece i prezzi non scendono o scendono molto lentamente, vedi il carburante. Negli anni ’70 l’inflazione era dovuta al costo del lavoro e alle rivendicazioni salariali. Oggi dipende dal costo dei semiconduttori, dalla crisi energetica, dalla guerra che non finisce. Non è giusto che siano i lavoratori, i pensionati, le famiglie a doversi sobbarcare il peso dell’inflazione. A salire di più con l’inflazione sono i prezzi dei beni di prima necessità, quelli su cui si concentrano le spese delle fasce più vulnerabili, mentre i più ricchi accrescono il patrimonio grazie a investimenti mirati. Quest’estate il 40% degli italiani non fa nemmeno una settimana di vacanza. Cosa succederà a ottobre alla ripresa delle scuole e di tutte le attività? L’inflazione e l’aumento dei prezzi, hanno sempre avuto un significativo impatto sociale, con proteste di piazza, come è capitato in Francia. L’unica soluzione è una ripartizione equa dei costi dell’inflazione, ma serve subito un’azione politica coordinata frutto del dialogo tra le parti.

All’epoca della sua scomparsa Caffè era un convinto sostenitore del «progetto Europa». Oggi cosa rimane? C’è l’impressione che l’Europa progredisca più grazie alle crisi che alle idee, come è successo con la pandemia. La Banca centrale europea ha cambiato rotta rispetto a quanto fatto nel 2011 con la questione dei debiti pubblici e il fallimento della Grecia. Misure come il Next Generation Eu e il Pnrr creano opportunità, sviluppo, rilancio. Si tratta di politiche economiche solidali, frutto di una forte reazione della politica. Il cambiamento climatico è la grande sfida che durerà decenni, ma bisogna agire adesso come ha chiesto il presidente Sergio Mattarella. Dobbiamo salvare il pianeta terra e proteggere l’umanità, perché l’estinzione come la salvezza non può che essere collettiva.

Federico Caffè uscì casa la notte del 15 aprile 1987, lasciando sullo scrittoio chiavi, occhiali, passaporto, l’8 agosto del 1998 ne fu dichiarata la morte presunta. Il teorico della «civiltà possibile», sostenitore del «benessere sociale», convinto che le attese della povera gente non sono soddisfatte dal libero mercato, ma dalle decisioni di chi governa, continua a far sentire la sua voce, per chi vuole ascoltare.

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