L'Editoriale
Domenica 24 Marzo 2024
L’attentato a Mosca, prospettive inquietanti
IL COMMENTO. Grande è la confusione sotto il cielo, diceva Mao Tse Tung, che concludeva: quindi la situazione è eccellente. Sotto il cielo di Mosca e non solo, invece, la confusione è grande e la situazione è drammatica.
L’attentato al Crocus City Hall della capitale, che ha fatto al momento in cui scriviamo 133 morti, spalanca le porte a prospettive più che inquietanti. Intanto per la ricomparsa del terrorismo islamista, con cui la Russia combatte da decenni. Ai primi di marzo il controspionaggio aveva annientato una cellula di sei terroristi ceceni dell’Isis nella città di Karabulak, in Inguscetia, dopo una battaglia durata ore. Pochi giorni fa, era invece toccato a due miliziani islamisti che, alla periferia di Mosca, preparavano un attentato contro una sinagoga. In altre parole, nonostante che la Cecenia sia nelle mani del proconsole Kadyrov e abbia riversato su Vladimir Putin quasi il 90% delle preferenze nelle recenti elezioni presidenziali, il doppio problema del Caucaso (islamismo più indipendentismo) non è stato risolto. Per Putin-MacBeth, che fresco primo ministro conquistò i russi stroncando con la guerra la ribellione della Cecenia, è il fantasma di Banco, lo spettro che non si riesce a dissolvere. E che con la sua apparizione sconvolge la vita di un Paese che vuole far finta che la guerra in Ucraina non esista.
La questione ucraina è il secondo elemento di un’equazione sempre più difficile da risolvere. Se gli uomini arrestati sono davvero gli attentatori, è fuor di dubbio che stessero scappando verso l’Ucraina. E d’altra parte, se davvero avevano un accordo con gli ucraini quella era di fatto l’unica via di fuga dalla Russia, essendo altrettanto vicina ma molto più complicata quella attraverso la Bielorussia alleata di Mosca. Il gruppo è stato fermato a circa quattro ore di auto da Mosca e a circa due dal confine ucraino. Quindi le ipotesi sono solo due. O si prende come atto di fede che Putin mente, tutto è stato organizzato dai russi e gli ucraini non c’entrano. Oppure gli ucraini in qualche modo c’entrano e bisogna ora pensare alle conseguenze.
Putin l’ha detto chiaro: stavano scappando verso l’Ucraina dove gli era stata aperta una «finestra» («oknò» in russo) per attraversare il confine. E ha aggiunto: puniremo gli esecutori, gli organizzatori e i mandanti. Come a dire che il mandante c’è e al Cremlino sanno chi è. Il che apre a una terza prospettiva: l’attentato è di radice caucasico-islamista (e infatti questa strage somiglia terribilmente a quelle del Teatro Dubrovka di Mosca nel 2002 e del Teatro Bataclan di Parigi nel 2005) ma al Cremlino vogliono credere o far credere che ci sia stata anche la partecipazione ucraina. Per certi versi questo è lo scenario peggiore. I russi hanno inseguito i vecchi comandanti ceceni per molti anni in tutto il mondo, e li hanno uccisi tutti. A maggior ragione questa volta vorranno dimostrare di poter rispondere nel modo più esemplare e massiccio.
Dmitrij Medvedev ha subito detto: se scopriremo che c’entrano gli ucraini, elimineremo tutti i loro dirigenti. L’ex presidente di inclinazione (allora) liberale si è assunto il ruolo del super falco e lo interpreta in modo quasi grottesco. Ma non possiamo trascurare l’ipotesi di assistere, nelle prossime settimane, non tanto a un inasprimento del già aspro conflitto (il campo di battaglia ha logiche e ritmi suoi) ma piuttosto a qualche tentativo di «vendetta» eclatante e drammatico. Speriamo il contrario. Ma c’era una logica quando si scriveva che questo conflitto, se non spento il prima possibile, sarebbe solo potuto degenerare.
© RIPRODUZIONE RISERVATA