L’asse Merkel-Putin
tra Libia e energia

Quando il gioco si fa duro entrano in campo i grandi leader. Vladimir Putin ha invitato a sorpresa al Cremlino Angela Merkel per concordare sì posizioni su comuni questioni internazionali - leggasi Iran, Libia ed Ucraina su tutte - ma soprattutto per sondare il terreno su qualcosa che gli sta maggiormente a cuore, ossia la questione energetica. Il budget federale, è bene ribadirlo, dipende eccessivamente dalla vendita di idrocarburi ed in questi mesi - prima sotto al Baltico, adesso in Libia - si stanno giocando i futuri destini geopolitici del Vecchio Continente, a cui sono collegati a doppio filo appunto quelli energetici.

Washington ha in questo campo interessi opposti a quelli di Mosca, poiché le sue compagnie mirano a prendere il posto di quelle russe nell’approvvigionamento del più ricco mercato al mondo. L’annuncio, qualche settimana fa, delle sanzioni Usa contro le compagnie che costruiscono il raddoppio del Nord Stream 2 sotto al Baltico (gasdotto che unisce la Russia alla Germania) è stato quasi come una dichiarazione di inizio ostilità. È proprio Berlino - che conferma a sua volta le sanzioni Ue contro la Russia per la crisi in Ucraina dove sono già morte 13 mila persone - a pagare insieme a Mosca un prezzo salato allo stop.

Gli Stati Uniti, ripetono da tempo autorevoli analisti, spingono per allontanare il più possibile l’Unione europea dalla Russia, ma i Ventisette hanno ormai interessi divergenti rispetto a quelli della Casa Bianca in numerosi settori. Vladimir Putin ha cercato di comprendere da Angela Merkel a che punto si trovi l’Europa rispetto all’affrancamento dal tradizionale alleato statunitense, considerando anche il «ciclone» Trump.

Facendosi al Cremlino portavoce di tutta l’Unione europea, la cancelliera tedesca ha ribadito le posizioni comunitarie sulle grandi crisi internazionali. No alle armi, sì alla diplomazia è quanto ha ripetuto la Merkel, che in particolare è pronta a Berlino ad accogliere «presto» la Conferenza sulla Libia sotto l’egida delle Nazioni Unite. Ma devono essere i libici, ha sottolineato, a decidere del loro futuro senza interferenze esterne sulla loro sovranità. Sorge un dubbio: i vari attori sul campo giocheranno pulito? E se non sarà così, quali strumenti ha l’Ue per imporre il proprio volere di pace?

La cancelliera tedesca in versione Ventisette è parsa non voler dare speranze al presidente russo su prospettive geopolitiche a maggior respiro.

L’Ue, è stato il messaggio recapitato, guarda alle future mosse del Cremlino ed ha scelto la politica dei piccoli passi, come in Ucraina. La Merkel si è, tuttavia, lasciata scappare che il Nord Stream 2 «è pienamente all’interno della legislazione europea» e «noi rappresentiamo i nostri interessi e quelli più generali», ossia dei Ventisette. Peccato che in questa maxi-partita - con annesso risiko energetico e rischio di muovere una spaventosa ondata migratoria - l’Italia sia stata messa nelle condizioni di rinunciare al progetto gemello - ma sotto al mar Nero - il South Stream ora realizzato da russi e turchi, ossia il Turkish Stream, lungo i Balcani. Proprio i turchi che stanno entrando prepotentemente a Tripoli, in Libia quindi, dove i nostri interessi nazionali sono strategici. E peccato che sempre l’Italia rimanga in prima fila davanti alle crisi umanitarie nei Paesi limitrofi in guerra.

Al Cremlino, dopo la riunione straordinaria dei ministri degli Esteri comunitari, l’Unione europea ha parlato con una voce sola, quella di Angela Merkel. La speranza è che la cancelliera tedesca sia buona amica dell’Italia.

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