L’America di Trump ha la Cina nel mirino

MONDO. Lotta alla burocrazia, crociata contro i migranti illegali, superamento di ogni censura.

Donald Trump ha ribadito i suoi slogan elettorali davanti al Congresso, affermando che la sua Amministrazione ha già cambiato il Paese in 43 giorni. La sua retorica divisiva in politica interna rimane tale anche nelle questioni internazionali: Groenlandia, Panama, Ucraina. Lo stesso vale per quelle finanziario-commerciali, con dazi contro amici e concorrenti. Ma non è che l’«America first» di Trump rischi così di diventare l’«America alone», ossia sola o quasi? Ascoltando il discorso, è sorto un secondo dubbio: quale mondo vuole costruire il «tycoon»? Un mondo in cui gli Stati Uniti detengano la leadership mondiale. Serve, quindi, ridimensionare la Cina e correggere l’attuale globalizzazione con le sue storture commerciali in primis.

Trump, le relazioni con la Cina

Già ad inizio secolo George W. Bush jr. avrebbe voluto riorganizzare le relazioni con Pechino, ma l’11 Settembre cambiò i suoi piani. Adesso passa l’ultimo treno per fermare la marcia inarrestabile della Cina, almeno crede Trump, che ha 4 anni per vincere questa contesa. La crisi di Gaza e la tragedia russo-ucraina sono intralci, tesi a fargli perdere tempo. In Medio Oriente la soluzione si chiama Netanyahu, in Ucraina Putin. Il Capo della Casa Bianca ritiene che se ci si mette d’accordo con due leader forti si uscirà dall’attuale impasse. Zelensky è, invece, il «Churchill» che non ha capito la situazione. Ecco l’imboscata mediatica alla Casa Bianca. A Trump non interessa il destino dell’Occidente e tanto meno dell’Europa. Ecco perché, fin dagli albori della sua discesa in campo una decina di anni fa, i «fedelissimi» occidentofobici di Putin lo osservarono con favore. Durante il suo primo mandato il magnate mirava alla creazione di un’area, britannico-americana con dentro il Canada, distante dal Vecchio continente. Con l’Ue, di cui non capisce i meccanismi politici interni, il «tycoon» non sa con chi parlare.

Trump, il rapporto con Putin

Il 77enne presidente ragiona con vecchi concetti di potenze, i quali trovano delle rispondenze nelle concezioni del 72enne Putin sulle sfere di influenza. Sapendo già che con il Capo del Cremlino non si può discutere di geopolitica nello spazio ex sovietico - considerato come proprio «cortile di casa» - Trump parla di business, di Artico, di possibilità per la Russia di invertire il proprio declino. Il «tycoon» pensa già di imbarcare Putin nella sua lotta contro la Cina, la vera contesa. Ma l’imprevedibile Trump ha un piano di pace per l’Ucraina? In tanti ormai ne dubitano. Senza un’intesa geopolitica, lo si sa, non si può mettere in sicurezza Kiev. Nel 2015 per fermare la guerra in Donbass, Putin accettò gli accordi di Minsk in cambio del raddoppio del gasdotto Nord Stream 2. Oggi, come allora, nessuna garanzia ci sarà per gli ucraini. Ma di cosa si accontenterà Putin per congelare di nuovo il conflitto? Non è ancora chiaro.

Cosa può fare l’Ue ora?

Organizzarsi come potenza militare e politica, non solo economica in un mondo di falchi. Non c’è altra via. Fondamentale sarà anche non rispondere mediaticamente alle provocazioni di Trump, guadagnando tempo. I soldi sono il punto debole del magnate. Se la Borsa di New York scenderà e i nodi economico-finanziari si attorciglieranno, tra due anni ci saranno le elezioni di mid-term. Forse gli elettori smetteranno di credere a certe narrative. Ma all’orizzonte si profila già un’altra tempesta. Siamo pronti «per ogni tipo di guerra», hanno avvertito ieri al Congresso del popolo i cinesi, alzando la guardia. C’è davvero poco da stare allegri.

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