L'Editoriale
Venerdì 10 Febbraio 2023
La tragedia del sisma e la Turchia al voto
Mondo. È una catastrofe spaventosa quella accaduta in Turchia e in Siria. Non bastava una guerra interminabile in regioni già martoriate da oltre un decennio di spargimenti di sangue che adesso ci si è messo di mezzo anche uno dei terremoti più forti mai registrati dalla notte dei tempi.
Come dire: piove sempre sul bagnato!Questa tragedia inattesa, ma prevedibile per la sismicità della zona, avviene in un momento particolare. In Turchia si terranno il 14 maggio elezioni cruciali non solo per il Paese anatolico ma anche per l’intera comunità internazionale; in Siria le ostilità di fatto non sono mai terminate dal 2011 e addirittura Damasco ha tentato, nelle prime ore post sisma, di impedire l’arrivo di aiuti umanitari da mezzo mondo in province non sotto il suo diretto controllo.
La prima domanda è: quale impatto avrà il terremoto sulle consultazioni turche? La seconda: è mai possibile che in Siria, davanti ad un dramma di tali proporzioni, ci sia ancora qualcuno pieno di odio per un conflitto interminabile che voglia lasciar morire dei disperati sotto alle macerie? Dove è finita l’umanità?
Mai prima d’ora il presidente Erdogan si è trovato a fronteggiare elezioni così complicate. Soprattutto le città popolose, quali Istanbul e Ankara, pretendono ora il cambiamento. Dal 2003 al potere ininterrottamente - prima come premier poi come capo dello Stato - il leader turco gode oggi soprattutto del sostegno delle province, in massima parte conservatrici. La sua popolarità si è, però, di molto ridimensionata a causa della persistente forte crisi economica, dell’altissimo debito statale e di una moneta – la lira – in costante affanno.
Recep Tayyip Erdogan ha risposto alla sfida delle opposizioni, cavalcando l’ondata nazionalista e cercando visibilità all’estero. In politica internazionale si è proposto, con qualche risultato, come mediatore tra Russia e Ucraina, ospitando colloqui tra le parti. Erdogan è l’ago della bilancia nell’allargamento dell’Alleanza atlantica alla Svezia e alla Finlandia. Ma non solo: i turchi hanno assunto ruoli chiave in Medio Oriente e in Africa, in particolare in Libia. Nel mar Mediterraneo orientale Ankara ha una posizione rilevante sulla questione del futuro sfruttamento dei nuovi giacimento di gas e petrolio attorno a Cipro in cui anche l’Italia ha la sua parola. Insomma il peso di Erdogan come leader e punto di riferimento internazionale è davvero importante oggi nel mondo e una sua possibile uscita di scena potrebbe portare seri mutamenti.
Se si guardano le immagini dei crolli dei palazzi durante il terremoto ci si rende conto che, a parte l’eccezionalità dell’evento naturale, qualcosa non va. Ed infatti sta emergendo che la maggior parte degli edifici crollati era abusivo o aveva goduto di condoni. Corruzione e speculazione vengono denunciate con titoli cubitali dai giornali locali. Le norme anti-sisma nella costruzione degli stabili non sono state rispettate per anni. Una domanda: ma dov’erano Erdogan e il suo partito quando questo scempio è successo? La portata della tragedia, si comprende, è stata ampliata dalle negligenze degli uomini. Ecco perché dopo quelle case in macerie anche il presidente turco, già in difficoltà elettorale, rischia ora di venire travolto da questa catastrofe, che potrebbe assestargli il colpo definitivo. Come al solito, è piovuto sul bagnato: sui poveri e sui disperati. In numerosi di quei palazzi crollati abitavano profughi della vicina Siria. Appunto, la Siria. La speranza è che questa nuova tragedia abbia l’effetto al contrario di portare un po’ di umanità in terre disperate.
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