La tragedia dei migranti e il mondo che la ignora

MONDO. Non c’è nulla di nuovo e soprattutto nulla di polemico nelle ultime parole del Papa sulla tragedia delle migrazioni. La Chiesa e i Pontefici lo ribadiscono da 110 anni, cioè da che è stata istituita la Giornata delle Migrazioni.

Da allora il mondo è cambiato, ma è difficile dire se è migliore. Anche sul problema dei migranti la comprensione è cambiata. Ma una soluzione per evitare tragedie ancora non c’è. Chi emigra resta più esposto al dolore e alla sofferenza. Gli stranieri, anzi i forestieri, sono alieni, da guardare con sospetto, da tenere lontano, braccia da sfruttare e quasi mai cuori da abbracciare. Il colore della pelle fa ancora purtroppo la differenza. E poi il pretesto della religione, perché ognuno crede la sua migliore delle altre e così si alzano bandiere che assomigliano a spade e feriscono con le parole e con i gesti. Non è una cosa nuova. È sempre stato così.

L’ammonimento della Bibbia è antichissimo: «Non molesterai il forestiero, né lo opprimerai». Lo leggiamo da millenni. Quanti passi in avanti sono stati fatti sulla materia? C’è chi sta dalla parte dei migranti e cerca strade efficaci di accoglienza e integrazione. C’è chi si applica con accanimento e cattiveria al loro contrario. E anche ciò non è cosa nuova. I respingimenti non sono affare di destra, l’accoglienza non è affare di sinistra. Mercoledì all’udienza Francesco ha detto una casa semplicissima: «Respingere i migranti è peccato grave».

Non sono parole di un Papa comunista. Sono le parole del Vangelo. Si tratta di una polemica indiretta, come si suol dire, e di indiretta risposta a recenti leggi e disposizioni amministrative contro chi i migranti li salva in mare e poi è accusato di complicità nel reato di favoreggiamento dell’immigrazione? Ognuno è libero di pensarla come vuole. Il Papa ripete solo quanto scritto nella Bibbia. Ma gli anatemi, per nulla nuovi, della politica verso il Pontefice, dicono che qualche problema c’è. In Italia la questione è più sensibile, poiché l’immigrazione è capitolo importante del consenso. Vale per tutti, destra e sinistra. La prima legge ingiusta sui migranti porta il nome Turco-Napolitano. Ha delineato un perimetro scivoloso. Da lì non ci si è più scostati e il piano si è inclinato sempre più con la nuova Bossi-Fini e con le follie e le invenzioni più cattive a cui ogni governo da allora si è applicato. Le rotte degli immigrati sono rotte di morte a qualunque latitudine.

Nel Mediterraneo secondo dati dell’Organizzazione mondiale delle migrazioni sono morti dall’inizio dell’anno e fino al 24 agosto 434 persone e 611 risultano disperse. Sono quelle di cui si sa nome e cognome, ma molte altre non vengono contate. Poi ci sono le altre rotte altrettanto pericolose. Quella balcanica, dimenticata da tutti, ha fatto tre giorni fa 11 morti annegati, gente che tentava di attraversare la Drina tra Serbia e Bosnia. Poi c’è il deserto africano pieno di cadaveri, le acque dell’Oceano indiano di fronte al Myanmar, lo stretto di Malacca, le foreste messicane e il Rio Bravo. C’è una umanità immensa che scappa e muore alla ricerca della vita buona che non ha. Molti possono essere salvati.

Francesco, prima delle sue ultime parole sulle migrazioni, aveva benedetto con messaggio a don Mattia Ferrari, cappellano di Mediterranea Saving Humans la prima missione di salvataggio in mare congiunta della Ong con la Cei- Fondazione Migrantes: «Prego per voi e per la vostra testimonianza». Parole senza polemiche. Cosa deve fare un Papa, se non aiutare, ricordando il Vangelo, chi si ingegna a spezzare il muro dell’indifferenza e del cinismo e a svegliare coscienze su un problema antico, sul quale per secoli società troppo distratte e troppo ingorde hanno istigato conflitti?

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