La scuola superiore
Una scelta da guidare

Diecimila adolescenti bergamaschi giungono in questi giorni al crocevia per la scelta, entro il mese, della scuola media superiore. Un appuntamento di decisiva importanza che richiede riflessione, coraggio e senso di corresponsabilità. Gli attori principali, appunto gli adolescenti in cammino, viaggiano sull’onda delle loro tredici primavere e provengono dalla scuola media inferiore dell’obbligo, a senso unico, uguale per tutti. Un’età in evoluzione la loro che non ancora consente pienezza di discernimento.

Sanno e non sanno ciò che li attende e spesse volte tirano a indovinare. Sovente poi, col volgere delle stagioni, si accorgono di aver sbagliato binario e si pentono troppo tardi della scelta incautamente intrapresa. Altrettanto di frequente chi ne ha la patria potestà e la responsabilità diretta, pecca di omissione e di connivenza, trincerandosi dietro false coperture di imperdonabili silenzi: non dirgli nulla per non turbare o sopraffare le sue libere scelte, qualunque esse siano, che dovrà poi portare avanti in altrettanta solitudine per lunghi anni. E così, con questo pretesto di comodo, si lasciano sbagliare da soli. Che non è affatto un vanto, ma semplicemente un alibi opportunista, lungi dalla saggezza e responsabilità genitoriale. Volare alto e sognare cose grandi resta sempre un paradigma di provata efficienza.

Quello degli adolescenti è, infatti, un universo imprevedibile e di non facile esplorazione: tengono in serbo capacità e risorse che per esprimersi in pienezza hanno bisogno di stimolazioni forti, quasi provocatorie. È noto che il genio è pura eccezione e la sua comparsa fra i mortali avviene a scadenza secolare o quasi. Il resto dell’umanità, nella norma, possiede dotazioni intellettive più o meno equivalenti. È la volontà di applicazione che segna la differenza e il moto volitivo individuale è tanto più dinamico quanto maggiori sono le stimolazioni che riceve. Per cui occorre credere nei giovani e sperare nella scuola, osando imprese ardue, ascensionali, anche al limite dell’inverosimile.

Le inchieste di fine anno scolastico tra i maturandi delle scuole superiori italiane evidenziano percentuali da capogiro: il trenta per cento dichiara di aver alle spalle una scelta sbagliata, che se potesse tornare indietro opterebbe per altri percorsi, che per ingenuità ha sbagliato alla partenza, anche perché chi di dovere è rimasto a guardare, in colpevole e imperdonabile latitanza. Una condanna senza appello. Un danno esistenziale senza più rimedio. Le scelte di comodo per una scuola facile, come il plesso più vicino, ove magari va anche l’amichetto, in cui l’orario delle lezioni coincide con gli usi domestici, spesso non sono le migliori, come non lo è la ricerca del minor impegno per un esito consolatorio: poche materie, poche ore di lezione, la quasi sicurezza della promozione. Contano invece l’utile e il dilettevole: un binomio da tenere ben in evidenza per cernite valide. Non si va a lezione per forza o per inerzia, né si studia senza un miraggio di realizzo. La scuola deve essere prima di tutto quella giusta, poi piacere e, in fine, essere motivata da prospettive rassicuranti. In Cina, ove le scelte scolastiche sono rigorosamente programmate, l’80 per cento degli studenti sceglie l’ambito scientifico; negli Stati Uniti, in un clima totalmente autoreferenziale, lo fanno il 12 per cento. A monte stanno diverse filosofie di vita e differenti prospettive di futuro. Un adolescente che a 13 anni si avventura da solo nel groviglio delle scelte scolastiche superiori, senza essere tenuto saldamente per ambo le mani da guide illuminate, gioca pericolosamente a mosca cieca su un piano inclinato. In causa c’è il suo futuro, prossimo e remoto. Sbagliare scuola è uno dei pochi errori che la vita non perdona. Chi se ne rende corresponsabile con il silenzio, la convivenza, la permissività o altro, compie un illecito senza assoluzione. L’abbandono scolastico che in Italia raggiunge tuttora cifre da terzo mondo, ne è la riprova. Scelte errate ai nastri di partenza che finiscono nel nulla, per tacere di peggio.

Ai diecimila studenti bergamaschi, ma non solo, in fase di decollo, l’augurio che fra qualche anno, giunti al termine dei percorsi ora intrapresi, non abbiano a recriminare di aver sbagliato direzione perché lasciati soli, mentre coloro che avrebbe dovuto responsabilmente guidarli nei modi e tempi adeguati, hanno assistito inermi o indifferenti a quel fatale impatto forviante, il quale ha loro rubato i migliori anni della vita. In controtendenza con la coscienza civile delle genti, comprese quelle primitive, sempre più convinte che l’anima della cultura è la cultura dell’anima di ogni singolo soggetto pensante.

©RIPRODUZIONE RISERVATA

© RIPRODUZIONE RISERVATA