L'Editoriale
Giovedì 14 Settembre 2023
La Russia a corto di armamenti si affida a Kim
ESTERI. Non è stata una sorpresa la visita di Kim Jong Un nell’Estremo oriente russo: già da mesi si osservava il continuo avvicinamento tra Mosca e Pyongyang.
Alla fine di luglio il ministro della Difesa Shojgu era stato l’ospite d’onore alle celebrazioni per il 70° anniversario della conclusione della guerra in Corea in un momento in cui la controffensiva ucraina era in pieno slancio. Soltanto solide ragioni di Stato - ci si era allora resi conto - potevano giustificare un viaggio che pareva temporaneamente inopportuno. E poi perché - era la domanda senza risposta - il Cremlino aveva mandato a Pyongyang il ministro della Difesa e non quello degli Esteri Lavrov che, di solito in quei mesi post 24 febbraio 2022, rappresenta la Russia all’estero? Adesso, invece, al cosmodromo di Vostochnyj l’appuntamento tra Putin e Kim Jong Un era necessario per concludere ciò che si è fatto finora dietro le quinte e per mettere le fondamenta per nuove relazioni bilaterali.
Per il Cremlino gli obiettivi da raggiungere sono di carattere politico e militare; per Pyongyang vi è, invece e finalmente dopo decenni, l’occasione per trovare insperati alleati. Vladimir Putin - che non ha nemmeno potuto presenziare al summit del Brics in Sud Africa e al G20 indiano per non incorrere nell’ordine d’arresto del Tribunale penale internazionale - ha mostrato all’opinione pubblica interna che la Russia non è isolata nella sua battaglia «per un mondo multipolare. Anzi. Kim Jong Un ha potuto trovare soluzioni per alleggerire gli atavici problemi interni legati alla cronica mancanza di derrate alimentari, di petrolio e di tecnologia moderna.
La base della nuova intesa è rappresentata dalle armi. Ecco perché in Corea, a luglio, era stato inviato Shojgu e non Lavrov. Dato che le fabbriche russe non sono in condizione nemmeno di avvicinarsi al numero di munizioni - soprattutto per l’artiglieria pesante - indispensabili da produrre per lo sforzo bellico in corso, il Cremlino le sta comprando da Kim Jong Un. Attenzione: non servono munizioni qualsiasi, ma compatibili con quelle vetuste e superate sovietiche per poter essere utilizzate dai russi, ora che gli arsenali di mezzo mondo - appunto con armi sovietiche - sono stati svuotati dai contendenti del conflitto ucraino. Fonti occidentali parlano di munizioni pericolose e inaffidabili, ma sarebbe meglio non sottovalutarle. A Shojgu, a luglio, i coreani hanno tentato di rifilare anche nuovi missili di loro produzione e chissà che altro. I russi ricordano ancora con i brividi addosso i lanci di qualche anno fa di vettori impazziti di Pyongyang, destinati a volare verso il Giappone, ma finiti erroneamente dall’altra parte, a centinaia di chilometri di distanza, nelle acque russe davanti a Vladivostok. Circola voce - assolutamente inverificabile da fonti ufficiali - che i russi forniranno assistenza militare ai coreani. Le aree scelte sarebbero quelle dei sommergibili e dei satelliti spia.
Qualcuno addirittura azzarda persino missili a lunga gittata. Non si capisce, però, come Pyongyang possa pagare tale collaborazione, a meno che non svuoterà del tutto i suoi arsenali e la cosa potrebbe essere probabile visto quanto sta accadendo in Ucraina.
Un ultimo dubbio sorge se si considera l’abitudine di Putin di rilanciare all’infinito le sue sfide, a volte, perché no, bluffando. Armando Kim, il Cremlino non sta ora tentando anche di entrare a gamba tesa nella partita per l’Indo-Pacifico, sperando di sovvertire gli attuali equilibri? Anche così si potrebbe spiegare la forte irritazione di questi giorni della Casa Bianca.
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