La rivolta dei mercenari è un lontano ricordo

MONDO. Sembrano passati decenni e non un anno solo dalla rivolta della Compagnia di mercenari Wagner, che portò la Russia sull’orlo di una guerra civile.

Tutto è finito nel dimenticatoio dopo la morte - in settembre, in un misterioso incidente aereo - di Evghenij Prigozhin e dei capi dei «musicisti», come venivano chiamati dalla gente comune. L’impero economico delle società legate alla Wagner oggi non esiste più; la Compagnia è stata sciolta e i suoi uomini sono stati assorbiti dalle Forze armate o da altre Compagnie di ventura. In Africa, ad esempio, è nato il «Corpo africano».

Ma chi era realmente Prigozhin - dalla stampa occidentale chiamato il «cuoco di Putin» - e che cosa voleva con la sua rivolta? Prigozhin erano un amico personale del presidente fin dai primi anni Novanta, questo è stato raccontato, quando il Cremlino ha dovuto spiegare alla propria opinione pubblica cosa era accaduto. Il classico uomo di fiducia a cui si affidano compiti importanti, che possono diventare cruciali. A lui erano appaltati i servizi di catering nelle «sale dei bottoni» moscovite. Da qui il «cuoco». Ma gli americani lo hanno identificato una decina di anni fa anche come il padrone delle «fabbriche dei troll».

Queste organizzazioni erano incaricate di infestare i social media ed internet con messaggi propagandistici filo-russi, tradizionalisti, anti-occidentali nelle lingue più disparate. Messaggi sofisticati nella loro elementarità e disinformativi, inquadrabili nell’antica scienza del «controllo delle masse», in cui i Servizi segreti russi sono da sempre maestri.

Dopo il 2015 Prigozhin - un «Signor Nessuno», sconosciuto ufficialmente allo Stato russo!, - indossò la mimetica con i suoi «contractors» in Siria e in Africa, dove il suo business era sicurezza in cambio di materie prime. I mercenari della Wagner furono richiamati indietro a togliere le castagne dal fuoco in Ucraina nel 2022, quando l’«Operazione speciale» di Putin andava non secondo i piani. Per la vittoria a Bakhmut la Compagnia entrò in rotta di collisione con l’establishment militare. Famoso è un video di Prigozhin che urlava improperi contro il ministro della Difesa Shojgu, un «protégé» di Putin, e il capo di Stato maggiore Gerasimov davanti ad una catasta di cadaveri dei suoi caduti.

Dopo poche settimane la Wagner occupò il Quartier generale di Rostov e cominciò la sua «marcia della giustizia» verso Mosca, fermata in extremis con un accordo mai reso noto e una sfilza di morti, quando Putin era rimasto solo e non vi era nemmeno l’ombra dei milioni di cittadini che votano per lui. Subito dopo cominciò il tramonto della stella di Prigozhin, quindi la morte.

Il fondatore della Wagner voleva soprattutto la sostituzione di Shojgu. Il capo del Cremlino ha capito la richiesta e - un mese fa, a maggio -, ha permesso una rivoluzione al ministero della Difesa e l’arresto di vari generali. Shojgu ha cambiato incarico. Ora ha quello prestigioso di segretario del Consiglio di sicurezza. Sulla tomba di Prigozhin, contemporaneamente, è apparsa un’imponente statua. La Russia ha così voltato pagina. Quali lezioni da questa rivolta? Primo: come nel 1917 e nel 1993 è sufficiente dall’interno un pugno di uomini decisi per accaparrarsi il potere in uno Stato che scompare; mentre dall’esterno non bastano milioni di soldati per conquistare la Russia. Secondo: le «rivolte» in provincia sono destinate a fallire; quelle nelle capitali a vincere. Terzo: è bene distinguere con attenzione il reale dal virtuale. L’Occidente è pertanto avvertito.

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