La riforma dei balneari, inspiegabile omissione

ITALIA. Il 4 settembre scorso il Consiglio dei ministri ha dato il via libera alla riforma delle concessioni balneari, contenuta in un decreto-legge su materie oggetto d’infrazioni europee.

I principali punti della riforma riguardano l’estensione della validità delle attuali concessioni fino al settembre 2027, l’obbligo di avviare le gare entro giugno 2027 e la durata delle nuove concessioni da un minimo di 5 a un massimo di 20 anni al fine di garantire al concessionario di ammortizzare gli investimenti effettuati. Per i concessionari subentranti sono anche stabiliti precisi adempimenti, tra i quali l’assunzione dei lavoratori impiegati nelle precedenti concessioni che ricevevano da tale attività la prevalente fonte di reddito per sé e per il proprio nucleo familiare, così come l’individuazione di un indennizzo per il concessionario uscente pari al valore dei beni ammortizzati e all’equa retribuzione degli investimenti realizzati negli ultimi cinque anni. Infine, tra i criteri di valutazione delle offerte sarà considerato anche l’essere stato titolare, nei cinque anni precedenti, di una concessione balneare quale principale fonte di reddito per sé e per i propri familiari.

Nonostante dall’analisi della riforma paiano adeguatamente tutelate le legittime aspettative degli attuali concessionari, com’era prevedibile sono stati prontamente manifestati diffusi dissensi da parte di alcuni degli interessati e dei sindacati di categoria

Nonostante dall’analisi della riforma paiano adeguatamente tutelate le legittime aspettative degli attuali concessionari, com’era prevedibile sono stati prontamente manifestati diffusi dissensi da parte di alcuni degli interessati e dei sindacati di categoria. Inoltre, almeno per il momento, la Commissione ha accolto con favore la decisione assunta dal governo, che non ha però ancora preso alcuna decisione formale nell’ambito della procedura d’infrazione. Tutto dipenderà da come saranno valutate le misure che saranno adottate in attuazione del decreto, soprattutto con riferimento al rispetto dei principi della «libera concorrenza».

I canoni annuali

La necessità del pieno rispetto di questi principi, insieme all’opportunità di rivedere i canoni annuali delle concessioni, erano stati posti al centro della precedente normativa sul settore prevista da un decreto del governo Draghi. In fase di discussione di quella riforma, l’allora leader dell’opposizione Giorgia Meloni si era dichiarata ampiamente favorevole all’introduzione dei principi di libera concorrenza, tanto da avere auspicato la necessità di porre un limite all’appropriazione di concessioni da parte di soggetti unici, facendo in particolare riferimento a multinazionali estere del settore.

Appare dunque incomprensibile che il nuovo disegno di legge appena pubblicato non preveda alcun limite di attribuzione di concessioni a un singolo gruppo o soggetto. È possibile che si sia trattato di una svista a cui vi sarebbe ancora tempo per porre riparo

Appare dunque incomprensibile che il nuovo disegno di legge appena pubblicato non preveda alcun limite di attribuzione di concessioni a un singolo gruppo o soggetto. È possibile che si sia trattato di una svista a cui vi sarebbe ancora tempo per porre riparo. Se così non fosse, poiché le gare saranno basate anche sull’offerta economica dei richiedenti a Comuni e Regioni, non è azzardato pensare che di quella omissione si possano avvantaggiare proprio i grandi gruppi internazionali del turismo provvisti di grandi disponibilità economiche e certamente interessati a gestire ampi tratti delle nostre coste.

L’apertura delle gare

Si potrebbe in tal modo correre il rischio che da un’attuale struttura di mercato ampliamente pluralistica, pur criticabile per diffuse inefficienze e palesi privilegi, si possano porre le basi per passare a una struttura «oligopolistica» non in linea con i principi di concorrenza contenuti nella «Direttiva Bolkestein». Affinché ciò non accada occorre fissare limiti ben definiti all’appropriazione di concessioni da parte di «soggetti unici», evitando valutazioni discrezionali in materia di concessioni a livello comunale, regionale e nazionale. Bisogna fare in modo che la tanto agognata apertura alle gare risponda in modo trasparente all’esigenza di ridare slancio alla concorrenza, realizzando uno scenario effettivamente pluralistico. In questo nuovo scenario potranno trovare spazio anche tante delle attuali 30mila imprese, molte delle quali di tipo familiare, che hanno per tanti anni ben operato fornendo alla clientela servizi efficienti a costi contenuti.

© RIPRODUZIONE RISERVATA