La qualità del lavoro orienta la crescita

MONDO. Negli ultimi due anni l’occupazione in Italia è cresciuta complessivamente di 847mila unità (+3,6%). È una buona notizia. Sono aumentati i lavori a tempo indeterminato e diminuiti quelli precari.

Fare il cameriere per esempio in Italia rende in media 1.200 euro, in Germania oltre 1.650 euro al mese. Retribuzioni basse anche per la prima economia in Europa. Ma è sempre meglio che la disoccupazione. Ciò che incide sulla crescita però e fa la differenza è la qualità del lavoro. Il turismo per esempio è benvenuto ma non deve essere la maggior voce trainante nell’economia di una nazione. Il rischio è chiaro: si dipende dall’altrui disponibilità e dalle congiunture del momento. Tutti fattori sui quali pesano decisioni prese altrove. Ne nasce una dipendenza che pregiudica l’autonomia e segna la differenza fra Paese guida e Paese a sovranità economica limitata. La Francia, primo Paese per numero di turisti, quando l’industria è in crisi incarica lo Stato di sopperire alle difficoltà dei privati. Entra nell’azionariato delle aziende e vigila sul buon andamento della gestione. Stellantis è un esempio. Poteva essere a guida italiana ma con lo Stato francese azionista l’ultima parola spetta a Parigi. Ecco perché John Elkann va da Macron all’Eliseo prima di dar seguito all’invito del Parlamento italiano.

L’Intelligenza artificiale

L’Intelligenza artificiale segna il discrimine fra l’era industriale classica e quella nuova che avanza. Il valore aggiunto che l’innovazione crea fa la differenza. La crescita di occupazione registrata in questi anni é trainata dai servizi e soprattutto dal turismo. Se il lavoro è povero, le conseguenze sono duplici: una remunerazione bassa per i lavoratori e un riflesso sul sistema Paese che vede ridotti gli standard produttivi. Ma il problema italiano è che aumentano le ore di cassa integrazione. E sono quasi tutte in posti fissi di rami industriali qualificati che producono export. Un segnale. Proprio là dove si produce valore aggiunto si comincia a tagliare.

Sono 350 milioni di ore di ammortizzatori sociali nei primi nove mesi del 2024, il 23,3% in più a confronto del 2023. La cassa integrazione ordinaria vede salire le ore autorizzate, su base annua, del 30%. I settori dell’abbigliamento uniti a pelli, cuoio, calzature assieme al tessile sono i più colpiti. I francesi di Lvmh, per intenderci, quelli che hanno fatto man bassa sulle firme italiane del lusso, da Bulgari a Fendi e Loro Piana, hanno anche loro un calo del 2% di fatturato. Un momento congiunturale, non un segno di ridotta competitività. Se la Cina non tira, se le guerre imperversano cala anche la domanda di lusso. Un dato fisiologico. Ma se la meccanica segna anch’essa un aumento del 48% di cassa integrazione deve suonare un campanello di allarme.

La formazione professionale

Ne va dei posti di lavoro in un settore cruciale. Difenderli non basta. Occorre rilanciare la politica industriale. La crisi dell’automotive è un’opportunità per dare seguito a quello che il mercato già chiede. La formazione professionale. Dall’indagine Confindustria sul lavoro 2024 emerge che due aziende su tre non trovano personale tecnico qualificato. Difficoltà soprattutto nell’ambito della trasformazione digitale e nel settore industriale. La crisi dell’auto è un dato di fatto che prescinde dalle nazionalità.

In Germania attualmente le grandi industrie come Volkswagen, ThyssenKrupp, Basf, Bosch, per indicare gli esempi più eclatanti, licenziano e chiudono siti produttivi. Al contempo però si registra una forte richiesta di forza lavoro. Sono un milione e 800mila i posti vacanti. Sono occupazioni ad alto valore aggiunto, quelli della transizione verde, dei semiconduttori, della tecnologia di innovazione, dei robot e della guida automatica senza conduttore. Settori che renderanno l’industria automobilistica competitiva e permetteranno alle retribuzioni di salire. Ed è lì che si gioca il destino industriale dell’Italia.

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