L'Editoriale
Mercoledì 23 Novembre 2022
La prudenza sui conti pensando a Bruxelles
Manovra. Prudente: questo è l’aggettivo che più ricorre nelle valutazioni della Manovra di bilancio varata dal governo di centrodestra.
«Una manovra su cui Bruxelles non avrà granché da dire» per usare l’espressione del ministro dell’Economia Giorgetti (anche se ieri von der Leyen ha rimesso i conti dell’Italia sotto i riflettori della Commissione): non ci sono sbandamenti sul deficit, l’Italia da questo punto di vista non tradisce l’impostazione draghiana. L’altra parola che ricorre per questa manovra 2023 è «politica», e lo usa soprattutto Giorgia Meloni: questa Manovra rivela una «visione politica». Le due cose in effetti possono andare insieme. Da una parte si sono confermati e prorogati gli impegni del governo Draghi per i 21 miliardi (su 35) dedicati a contenere l’aumento del prezzo dell’energia, dall’altra si sono impegnati dei soldi per obiettivi di carattere più identitario: l’innalzamento del tetto della flat tax a 85mila euro, il limite di 5mila euro per l’uso del contante, la rottamazione delle cartelle, la nuova soglia per andare in pensione (41 anni di contributi e 62 di età) ecc. Non è esattamente quello che i tre partiti si aspettavano di riuscire a fare ma evidentemente i restanti 6 miliardi a disposizione non garantivano altro.
Per esempio, è sparita la flat tax «incrementale» per i lavoratori dipendenti su cui aveva battagliato Meloni in campagna elettorale, e si sono ridotte le provvidenze a favore delle imprese invocate da Forza Italia (il taglio del cuneo fiscale per i salari più bassi andrà tutto in tasca agli operai). Dalla discussione serrata tra gli esponenti dei tre partiti di maggioranza si capisce che, al di là della soddisfazione di facciata, restano - soprattutto tra i berlusconiani ma anche tra i leghisti - parecchie frustrazioni che presto torneranno a galla (magari già in aula). Nella discussione tra partiti di maggioranza è entrato anche il Reddito di cittadinanza, lo scalpo grillino che si immaginava di poter sventolare all’elettorato di piccoli imprenditori, artigiani, professionisti che lamentano la mancanza di forza lavoro proprio a causa del sussidio. Ma anche su questo tasto è prevalsa una versione più morbida: non una immediata cancellazione come si immaginava mesi fa ma una prima riduzione in vista dell’abolizione nel 2024, quando la platea degli assistiti sarà definitivamente ristretta a coloro i quali non hanno in alcun modo la possibilità di trovare un lavoro. «Non possiamo pensare che lo Stato mantenga qualcuno a spese di tutti gli altri dai 18 ai 59 anni» ha detto Meloni ricordando che non sono pochi i casi di persone che percepiscono il reddito da 3 anni senza mai aver acceduto ad una proposta di impiego.
Insomma, la sforbiciata c’è stata ma con cautela. E tuttavia è proprio questo che porterà in piazza il movimento di Giuseppe Conte che usa termini durissimi verso il governo e annuncia che l’opposizione «farà muro» per impedire che siano i poveri le vittime della Manovra. Sarà l’occasione per i «grillini» (ma li possiamo ancora chiamare così?) per tornare ai tempi in cui inscenavano in Parlamento le dimostrazioni con tanto di occupazione dei banchi ministeriali. Su questa linea non c’è dubbio che Conte prevede di aumentare ancora i consensi mettendo una maggiore distanza tra sé e il Pd, oggi ridimensionato a terzo partito sia pure per pochi decimali di punto. Anche Letta, in verità, annuncia manifestazioni contro «una Manovra iniqua e improvvisata», ma il Pd è troppo reclinato su se stesso e il proprio destino per poter sviluppare con forza una reazione alla politica economica del governo. Tantopiù che gli ultimi sondaggi danno il Terzo polo di Renzi e Calenda ormai poco sopra la Lega e quindi a ridosso proprio del Pd, destinato ad essere aggredito dalla sinistra e dal centro delle opposizioni.
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