La protesta sociale, il dividendo politico

IL COMMENTO. La notizia della frenata del Pil italiano nell’ultimo trimestre è arrivata nel pieno della bagarre creata dalla brusca e traumatica archiviazione del Reddito di cittadinanza. Che l’agricoltura colpita dalle alluvioni dal cambiamento climatico e l’industria dal caro-energia stessero provocando la retromarcia dell’economia nazionale, era cosa che gli uffici studi sindacali e imprenditoriali avevano già messo in conto ma la maggioranza stava cercando di mettere in sordina un fatto che interrompe la narrazione governativa del «cresciamo più degli altri in Europa»: gli ultimi numeri e le percentuali infatti dicono il contrario.

È come un risveglio che costringe a mettere in fila tutti gli elementi negativi degli ultimi periodi: l’inflazione che frena ma non abbastanza e continua a svuotare i carrelli dei supermercati, i tassi di interesse che fanno saltare le rate dei mutui e dei prestiti, il Pnrr che non ingrana e fa correre il rischio di perdere i soldi messi a disposizione dalla Ue. E poi i problemi già citati: il clima che strapazza la nostra agricoltura e l’industria alimentare, le fabbriche che fanno ancora i conti con i prezzi delle materie prime troppo alti. C’è la speranza che almeno i numeri del turismo aiutino a riportare un po’ di sereno ma non c’è per ora nessuna certezza.

E tutto questo, appunto, pesa sul fatto che soprattutto al Sud - in particolare a Napoli e in Campania - potrebbe scoppiare la bomba sociale causata dalla fine del RdC. Le proteste di chi si vede privare di una risorsa su cui ormai si era abituato a contare sono rese ancora più esacerbate non solo dalla brutalità del messaggio telefonico con cui l’Inps ha comunicato la decisione ma anche la sua stessa confusione: quella frase «in attesa dell’eventuale presa in carico dei servizi sociali» ha provocato un’onda che si è riversata contro i muri dei Comuni e degli uffici dei sindaci: non è chiaro chi potrà e come continuare ad avere diritto al sussidio, chi potrà usufruire di una proroga, chi sarà instradato ai corsi di formazione che danno diritto ad un sostegno di 350 euro. Ministeri, Inps, Comuni si stanno rimpallando la competenza del consueto pasticcio burocratico creatosi nonostante che la decisione politica del governo di dare un taglio al RdC sia ormai di diversi mesi fa, un tempo che sarebbe stato sufficiente per predisporre un piano di azione. La cui mancanza oggi rende ancora più infuocate le proteste. Il governo accusa l’opposizione - e in particolare il Movimento 5 Stelle che del reddito fu il promotore - di aizzare la protesta sociale proclamando l’intenzione di mobilitare le piazze contro Giorgia Meloni e i suoi ministri.

Giuseppe Conte risponde piccato che è semmai il governo che sta agendo irresponsabilmente sul dramma delle persone povere e dunque è esso stesso che provoca la protesta di piazza: «Non si invertano i ruoli», accusa l’ex presidente del Consiglio. Torna addirittura a farsi vivo Beppe Grillo secondo il quale Palazzo Chigi «fa la guerra ai poveri». In ogni caso i grillini-contiani sono i veri protagonisti dell’iniziativa dell’opposizione parlamentare, giacché dal Pd si alza la voce della segretaria Elly Schlein solo per far sapere che i democratici aderiscono alle manifestazioni del M5S, cosa che suscita a via del Nazareno ancora più tensione di quella che si è registrata negli ultimi tempi contro l’irrilevanza politica della segretaria (su cui i sondaggisti cominciano a emettere sentenze piuttosto negative).

Anche la sinistra-sinistra è scatenata (ma in proprio) contro la destra di governo: la Cgil di Landini e i comunisti di Fratoianni meditano anche loro di andare in piazza. Il rischio che però corre l’opposizione è di essere scavalcata dai movimenti spontanei che stanno già sorgendo in Campania, in Sicilia, in Calabria sottraendo così il facile dividendo politico che potrebbe derivare dalla protesta contro il governo su un tema, come la povertà e il sostegno agli ultimi, sempre di grandissima rilevanza.

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