La politica polarizzata: un problema in Occidente

MONDO. La polarizzazione politica è un problema non solo degli Stati Uniti, ma dell’intero Occidente, anche se i livelli di scontro d’oltreoceano non sono stati ancora toccati nel Vecchio continente.

Trump contro Biden-Harris; repubblicani contro democratici. Elementi in comune: l’impossibilità di dialogare fra di loro e la loro totale incomunicabilità con gli altri. L’urto è frontale. Tutto è o bianco o nero. Estrema è la semplificazione di qualsiasi argomento, usata per i successivi messaggi elementari alle masse. Gli americani non si rendono conto dei «danni» che la loro polarizzazione sta facendo all’intero Occidente, ha sostenuto qualche mese fa Anthony Albanese. Diciamolo subito: è difficile dare torto al premier australiano. La denigrazione dell’avversario è uno degli elementi base in questo scontro come l’utilizzo di affermazioni non sempre vere, ma piuttosto verosimili alla propria narrativa.

Il disorientamento tra chi non è schierato con uno dei due contendenti o fra i moderati, spesso «colombe» - nel mezzo di questa battaglia tra «falchi» -, è manifesto. E non si sa come porvi rimedio

Appunto: narrativa. Sia gli uni sia gli altri - a volte - «mentono», ci ha gelato recentemente una cittadina statunitense di alta cultura che, da decenni, vive in Europa ma torna spesso nel suo Paese d’origine, la quale ha quindi aggiunto: «Non si sa più a chi credere». Il disorientamento tra chi non è schierato con uno dei due contendenti o fra i moderati, spesso «colombe» - nel mezzo di questa battaglia tra «falchi» -, è manifesto. E non si sa come porvi rimedio.

Il concetto di «verità»

E poi il concetto di «verità» ha ormai abdicato come è tramontata anche la vecchia definizione che «la politica è l’arte del compromesso». «È così», oppure «è così», viene dichiarato in forma assertiva. Questo modo di far politica, in cui l’aggressività è la prima caratteristica, risente del sistema contemporaneo di comunicare dei social media e addirittura l’odio verso il dissenziente - quindi il diverso - è espresso ormai quasi senza più barriere.

L’esportazione nel Vecchio continente di questa polarizzazione «all’americana» (per adesso nei modi e nelle forme) preoccupa e non poco in un momento in cui le sfide geopolitiche creano grattacapi all’intera architettura europea. A parte la Gran Bretagna, dove la stanchezza verso la lunga gestione del potere dei conservatori è stata un elemento importante nella loro sconfitta, si osserva un po’ ovunque l’estremizzazione della lotta politica. In Spagna l’opinione pubblica è a favore o contro il premier Sánchez; in Francia è più o meno lo stesso contro il presidente Macron; in Germania il cancelliere Scholz rischia di finire presto nella stessa situazione.

La differenza rispetto agli Stati Uniti è che in questi tre Paesi appena menzionati esistono - per ora - non due soli schieramenti, ma tre se non addirittura quattro

La differenza rispetto agli Stati Uniti è che in questi tre Paesi appena menzionati esistono - per ora - non due soli schieramenti, ma tre se non addirittura quattro. In Spagna socialisti contro popolari con in mezzo gli indipendentisti e i radicali di destra di Abascal; in Francia centristi contro i lepenisti con la sinistra di Mélenchon a fare da terzo incomodo; in Germania socialdemocratici contro cristiano-democratici con gli estremisti di destra di AfD e l’estrema sinistra di Bsw a giocarsi le loro carte.

In un periodo storico in cui il modello democratico e liberale occidentale è pericolosamente sfidato dalle autocrazie si dovrebbe, al contrario, dare maggiore spazio alla dialettica nel tentativo di ricercare la costruzione di «ponti» nelle società e di consenso fra la gente. Ed invece anche in Europa lo slogan sta prendendo il sopravvento sul ragionamento. Qualsiasi opinione politica diversa della controparte viene subito spostata sul piano personale. Darsi una bella calmata è il vero modo di difendere le nostre democrazie.

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