La politica e le piazze, grande confusione

Oggi a Strasburgo il dibattito dell’Europarlamento sul programma di riarmo europeo (ReArm Ue) proposto da Ursula von der Leyen.

All’appuntamento gli italiani si presenteranno divisi, non solo tra maggioranza e opposizione, ma all’interno delle stesse coalizioni dell’una e dell’altra parte. Non che questo in realtà influisca in modo determinante sulla posizione ufficiale dell’Italia: Meloni ha detto ufficialmente sì al piano di riarmo da 800 miliardi sia pure con la consueta richiesta di non rompere il legame con gli Stati Uniti (che vuol dire anche non rinunciare a comprare le armi dagli States). Anzi, Palazzo Chigi ha rivendicato di aver ottenuto finalmente lo scorporo delle spese della Difesa dal Patto di stabilità.

Difficile ormai fermare una macchina che da Bruxelles si è messa in moto con la sola voce contraria dei più espliciti amici di Putin (Orban e Fico) e con il parere favorevole persino di Marine Le Pen, ormai in versione para-presidenziale

Fratelli d’Italia e Forza Italia, cioè Meloni e Tajani, restano insomma al tavolo, anche se la presidente del Consiglio, ben più del ministro degli Esteri, è impegnata in un equilibrismo molto faticoso tra fedeltà alla Ue e vicinanza a Trump che ormai le fa dimenticare l’agognato ruolo di «pontiere» tra le due sponde dell’Atlantico. Quanto a Tajani, la sua è la stessa posizione del Ppe, quindi dei tedeschi del futuro cancelliere Friedrich Merz, lanciato sulla strada del riarmo anche a costo di rompere il tabù tedesco del tetto al debito. No, il vero problema si chiama ancora una volta Matteo Salvini che ogni giorno rilascia una o più dichiarazioni a favore di Trump, di Musk («Qual è il problema di usare i suoi satelliti?»), della buona volontà di pace di Putin e invece contro il bellicismo di quel «guerrafondaio» e «matto» di Macron, anzi di un «qualunque Macron». Salvini è contro il riarmo europeo, e quindi dell’Italia, anche se questa sua posizione, così declamata e ripetuta, sembra più indirizzata a fini elettorali che altro: al ministero della Difesa i piani sono già pronti e filtra un aumento degli organici delle Forze armate di diverse decine di migliaia di unità… Difficile ormai fermare una macchina che da Bruxelles si è messa in moto con la sola voce contraria dei più espliciti amici di Putin (Orban e Fico) e con il parere favorevole persino di Marine Le Pen, ormai in versione para-presidenziale. Dunque Salvini parla ma le cose vanno in direzione opposta alla sua volontà: anche il famoso contratto con i satelliti di Musk («Lo farei domani mattina») sta suscitando parecchie contrarietà pure a Palazzo Chigi, dove c’è parecchio allarme per le giravolte verbali del miliardario insediatosi a fianco della scrivania di Donald Trump nello Studio Ovale, proprio sulla gestione di «Starlink».

Meloni ha detto ufficialmente sì al piano di riarmo da 800 miliardi sia pure con la consueta richiesta di non rompere il legame con gli Stati Uniti (che vuol dire anche non rinunciare a comprare le armi dagli States). Anzi, Palazzo Chigi ha rivendicato di aver ottenuto finalmente lo scorporo delle spese della Difesa dal Patto di stabilità

Problemi più acuti nell’opposizione. Non nel M5S, compatto dietro a Giuseppe Conte nel dire no al riarmo: oggi 50 parlamentari pentastellati saranno a Strasburgo con il leader in testa proprio a dimostrare di persona la loro protesta. Stessa posizione quella di Avs: niente armi, piuttosto soldi a scuole e ospedali. Il problema vero è nel Pd dove la segretaria Elly Schlein ha preso una posizione molto simile a quella di Conte, portandosi dietro la sinistra del partito, ma suscitando parecchie critiche soprattutto nell’ala moderata e riformista del partito, da Paolo Gentiloni a Lorenzo Guerini.

Queste divisioni saranno visibilissime nella manifestazione di sabato prossimo dove la Cgil di Landini, Avs di Fratoianni e Bonelli, il M5S e tutto il resto della compagnia andranno in piazza per dire sì all’Europa ma ad un’Europa che rifiuti di armarsi, quindi no alla von der Leyen. Esattamente il contrario di quanto va predicando l’ex presidente della Commissione Ue Romano Prodi, padre nobile ormai sempre meno ascoltato da un Pd attratto dal M5S e dalla sinistra radicale.

© RIPRODUZIONE RISERVATA