La piazza europeista più avanti dei dirigenti

ITALIA. Nella «manifestazione gentile» di sabato 15 marzo in piazza del Popolo a Roma lanciata dallo scrittore ed editorialista di Repubblica Michele Serra c’era certamente l’Europa sognata e scritta nell’isola di Ventotene nel 1941 dagli antifascisti in soggiorno obbligato Altiero Spinelli ed Ernesto Rossi.

L’Europa che sarebbe nata dalle macerie della guerra, federale e solidale, roccaforte di democrazia e libertà. Ma non solo. Ieri in piazza c’era anche l’Europa cristiana di Alcide De Gasperi e Jean Monnet, quella sociale del cristianodemocratico Konrad Adenauer, quella delle lotte per la democrazia e la pace. C’erano tante Europe di una stessa Europa. Ieri in piazza si è radunato un popolo di europeisti e pacifisti convinti che l’Unione sia ancora un faro in un mondo che scivola nelle ombre della democrazia. Quella marea umana, divisa, ma unita in nome di alcuni valori fondanti comuni, si muoveva contro un tempo che sa di restaurazione, con le lancette della storia che tornano indietro, sotto un’America improvvisamente ostile e pericolose fughe in avanti «bonapartiste», con riferimento a Macron, o «volenterose», per dirla alla Starmer. Fughe in avanti che potrebbero portarci nel teatro di guerra ucraino - anziché come forza Onu di peacekeping - come un gioco di alleanze guerresche, simile a quello delle potenze europee che dettero vita alla Prima guerra mondiale, immolando sulle trincee milioni di giovani.

La pace non è mai stata così fragile, e anche le differenze mai così marcate. Lo dimostra il Pd, principale forza di sinistra che ondeggia tra divisioni interne e scatti d’orgoglio. Ma sopra la cacofonia delle correnti e delle tattiche, ieri ha parlato una piazza unita, che pare più avanti delle classi dirigenti europee. Non si tratta di cancellare le storie, le nazioni e le identità che hanno forgiato l’Europa, ma di rimetterle insieme, di dare loro un senso dentro un mosaico più grande. Un mosaico capace di far contare questo Vecchio continente nella traversata del mondo che cambia. Se l’Europa - la grande incompiuta, come non si stanca di dire il presidente Mattarella - si riduce a un conglomerato di interessi economici e non una grande protagonista capace di assicurare la pace nel gioco delle grandi potenze mondiali, non resterà più nulla della sua anima. Dietro il palco, la politica - almeno una sua parte - faceva il suo mestiere: esserci. Facce note della sinistra, dai dem ai centristi, dai Verdi alla sinistra radicale. Ma c’erano anche le associazioni, la società civile e della civitas cristiana: Anpi, Comunità di Sant’Egidio, Agesci, Azione Cattolica, Legacoop e un’umanità varia che ancora crede che l’Europa sia più di un insieme di direttive e vincoli di bilancio. Andrea Riccardi, fondatore della Sant’Egidio, l’Onu di Trastevere, ha sintetizzato il pensiero comune: «Siamo diversi, ma uniti da una passione: l’Europa. Certo, sembra lontana, ha perso credito. Ma l’Europa è una necessità storica, non una retorica».

Il Manifesto di Ventotene indicava un’Europa capace di superare i confini nazionali per un’unione più profonda. I padri fondatori, da De Gasperi a Monnet, riuscirono a realizzarla, partendo da trattati commerciali che si basavano su valori condivisi, il primo dei quali era mettere fine alle guerre che avevano insanguinato l’Europa fino ad allora

L’idea di Comunità

Al di là dei proclami e delle accuse di essere un’iniziativa della sinistra radical-chic, che piovono da destra, la piazza ha dato una risposta inequivocabile: l’Europa non può essere terra di nessuno, abbandonata ai giochi di potere globali. Se vuole ancora esistere, deve essere qualcosa di più di un’istituzione burocratica. Deve essere un’idea, una comunità, una difesa della libertà. Ma per esserlo, ha bisogno di coraggio. Quello che sembra mancare spesso a Bruxelles. Il Manifesto di Ventotene indicava un’Europa capace di superare i confini nazionali per un’unione più profonda. I padri fondatori, da De Gasperi a Monnet, riuscirono a realizzarla, partendo da trattati commerciali che si basavano su valori condivisi, il primo dei quali era mettere fine alle guerre che avevano insanguinato l’Europa fino ad allora. Oggi, quella visione sembra un miraggio tra le incertezze di una classe dirigente che naviga a vista. Eppure, se ieri in piazza c’era ancora qualcuno che crede in quell’Europa, allora forse non tutto è perduto.

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