La pedagogia
di Papa Bergoglio

Già viene definita l’enciclica della post-pandemia. Ma non è così, perché la terza enciclica di Francesco spiegherà come prepararsi al tempo dopo il Covid-19, che ancora non è iniziato e grandi sono le preoccupazioni. Le prime parole, da cui il titolo, sono «Fratelli tutti» e indicano una via da intraprendere per il tempo futuro e soprattutto un metodo per cambiare registro. Lo aveva spiegato un tweet il 2 settembre: «L’attuale pandemia ha evidenziato la nostra interdipendenza: siamo tutti legati, gli uni agli altri, sia nel male che nel bene. Perciò per uscire migliori da questa crisi, dobbiamo farlo tutti insieme, tutti quanti, nella solidarietà». La firmerà ad Assisi il 3 ottobre ad Assisi. E chi ha detto che la spinta propulsiva del pontificato ha subito un arresto durante la pandemia dovrà ricredersi. Parla, coglie ogni occasione, ma adesso con la terza enciclica tutti i ragionamenti che ha proposto avranno l’alto sigillo del Magistero petrino.

Molti non saranno contenti, perché quel titolo «Fratelli tutti» e i capitoli del testo costituiranno il sussidiario più aggiornato contro ogni fondamentalismo, ogni suprematismo e anche ogni negazionalismo. Bergoglio non piace e ciò che si è visto sabato nella piazza romana dei negazionisti (pochi per fortuna) né è stata la conferma. Finora mai nessuno aveva pubblicamente bruciato la sua effige in pubblico. L’idea alla base del testo è il filo rosso del pontificato. Si può riassumere con «ecologia integrale», una sorta di semantica che connota non solo un rapporto nuovo tra l’uomo e il creato, ma anche tra uomo e uomo. Chi ha criticato in questi anni il «Papa ecologista» che non si occupa di cose spirituali, ha sbagliato bersaglio.

Il rapporto nuovo tra uomo e uomo è l’attuazione del progetto pluralistico di Dio, che ha creato gli esseri umani diversi, ma fratelli e ha voluto religioni, razze, lingue, colori della pelle vari, ma altrettanto alla ricerca dell’armonia. Ecco perché ragionare su «Fratelli tutti» è esattamente l’opposto di ciò che propongono i fondamentalisti. I popoli sono un poliedro di una sola comunità. Il cuore dell’enciclica e della pedagogia di Francesco per gli anni della post-pandemia è tutto concentrato in questa riflessione, non affatto nuova perché è l’insegnamento del Concilio Vaticano II. Lo abbiamo un po’ dimenticato, perché è più facile in punta di politica e di economia occuparsi di pochi eletti. Negli ultimi anni l’ideologia del «first», dall’ «American first» di Donald Trump al «Muslim first» del Califfato islamico fino a «Prima gli italiani» di Matteo Salvini, ha dimostrato con quale facilità si passa dal fondamentalismo all’integralismo e al suprematismo. Prima si è imposto il metodo dello scontro di civiltà e ora si tenta di imporre un solo stile di civiltà.

Bergoglio non ci sta e adesso lo dirà nel modo più autorevole possibile. Qualcuno non sarà d’accordo fino a rischiare uno scisma? La Dichiarazione di Abu Dhabi, firmata dal Papa e da Grande Imam dell’Università islamica del Cairo, lo Sceicco al-Tayyeb, è stata pesantemente criticata dai circoli più conservatori della Chiesa cattolica, soprattutto quelli vicini al presidente nordamericano, perché invita ad un cambio di paradigmi con conseguenze che possono essere fatali all’attuale iniquissimo sistema economico mondiale. La nostalgia per ciò che è stato, e nel post-pandemia non potrà più essere, eccita ancora troppi animi. Bergoglio invece spiega che l’attimo va colto, come fece Francesco ad Assisi oltre 800 anni fa: si liberò dei vestiti vecchi, inventò una nuova regola e dei frati che chiamò minori, perché umili creativi e artigiani di strade nuove.

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