L'Editoriale / Bergamo Città
Lunedì 06 Aprile 2020
La paura di essere soli
Ma Dio non ci lascia
Care sorelle e fratelli, il tradizionale inizio di questa celebrazione, dà nome all’ ultima domenica prima di Pasqua: è la Domenica delle Palme, caratterizzata dalla benedizione degli ulivi e dalla festosa processione. Quest’ anno non è così, e questo rito, come tutti quelli della Settimana Santa, sarà molto essenziale. Si potrebbe dire: «Abbiamo smontato tutto! La festa non è qui!». Quest’ anno, Gesù entra in Gerusalemme da solo. La folla non c’ è. I discepoli neppure. Anche quel corteo di gente disperata che vedeva in lui un segno di speranza, è scomparsa.
Tutti sono chiusi in casa o in un ospedale. Non c’ è nessuno quest’ anno. Abbiamo davanti agli occhi l’ immagine di Papa Francesco, solo, in una piazza San Pietro vuota; solo, mentre entra in una Basilica di San Pietro vuota. Ho davanti anche l’ immagine di non pochi sacerdoti che in questi giorni, soprattutto verso sera, hanno portato la croce, le reliquie, addirittura il Santissimo per le strade delle loro comunità, da soli. Io credo che questa dimensione umana che è la solitudine, sia una caratteristica degli eventi della Settimana Santa. Gesù e sempre più solo nel percorso, che inizia con l’ ingresso in Gerusalemme e culmina nella sua crocifissione e nella sua sepoltura. Solo. Abbiamo paura di rimanere soli. Abbiamo paura di essere considerati semplicemente uno tra i tanti. Possiamo anche stare insieme a molte persone e avvertire d’ essere semplicemente uno tra tanti. Abbiamo paura di essere abbandonati.
Una delle espressioni più forti del racconto evangelico della passione è proprio quella che risuona sulle labbra di Gesù: «Dio mio, perché mi hai abbandonato?». Sto pensando a quanti in questi giorni e in queste settimane hanno avuto paura di questa solitudine e di questo abbandono. Penso agli occhi del malati, abitati non solo dal desiderio di un respiro, ma anche dall’ attesa di uno sguardo. Quanto ci siamo commossi di fronte non soltanto alla dedizione competente di coloro che li hanno presi in cura, ma anche davanti ai gesti umani, espressione di una vicinanza, comunicazione di un sentimento: non sei solo! Non sei uno dei tanti! Non sei abbandonato!
La paura della solitudine e dell’ abbandono è condensata nel Salmo che la Chiesa prega tutte le sere del venerdì: lì viene rappresentata in maniera intensissima: «Mi hai gettato nella fossa profonda, nelle tenebre e nell’ ombra di morte, hai allontanato da me i miei compagni, mi hai reso per loro un orrore, hai allontanato da me amici e conoscenti, mi sono compagne solo le tenebre». Un sacerdote mi ha scritto, proprio in questi giorni, una preghiera: «Voglio ringraziarti, Signore, perché non sei sceso dalla croce!». A Gesù hanno gridato: «Ha salvato altri, salvi se stesso se è il Figlio di Dio!». Noi invece crediamo in un Dio che non è sceso dalla croce, in un Dio crocifisso, in un Dio che non ci abbandona nella croce e nella morte. La morte di Gesù in croce è connotata non solo da un grande dolore, ma soprattutto da un infinito amore. In questo amore noi riponiamo la speranza della risurrezione: la sua e anche la nostra.
Si dice in questi giorni: «Niente sarà più come prima». Care sorelle e fratelli, niente sarà più come prima se crederemo alla potenza di questo amore crocifisso che non ci abbandona e diventeremo i testimoni di questo dono, di questo prenderci cura gli uni degli altri, di questo rimanere lì dove gli uomini e le donne sono crocifissi. Allora veramente niente sarà più come prima.
Vorrei concludere con alcune righe della lettura che ci viene proposta oggi nella Liturgia delle Ore, dai testi di un padre della Chiesa, vissuto tanti secoli fa: Sant’ Andrea di Creta. Certamente non immaginava una Festa delle Palme come quella che stiamo vivendo oggi, ma ne descrive il senso in una maniera molto efficace: «Stendiamo umilmente innanzi a Cristo noi stessi, piuttosto che le tuniche o i rami inanimati delle palme e le verdi fronde degli ulivi che rallegrano gli occhi solo per poche ore. Stendiamo noi stessi rivestiti della sua grazia, o meglio, di lui stesso poiché quanti siamo stati battezzati in Cristo, ci siamo rivestiti di Cristo. Prostriamo noi stessi, sventoliamo la nostra fede come tuniche distese». Care sorelle e fratelli, sventoliamo quell’ ulivo che è la nostra stessa vita e vivremo una Festa delle Palme assolutamente significativa.
*Vescovo di Bergamo
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